“Creare spazio di pensiero tra l’emozione e l’azione” è il mio invito per evitare la conflittualità violenta. Mi ritrovo spesso a ripetere questa frase nel mio lavoro con gli uomini autori di violenza, quasi fosse un mantra che servisse tanto a loro quanto a me. In fondo non sono diverso, se non per una maggiore capacità di incanalare la mia aggressività, provando ad utilizzare diversamente l’energia che la rabbia mi procura, ma questa è stata acquisita con anni di lavoro personale e di esperienze alle spalle che mi permettono di avere una consapevolezza che potrei anche definire salvifica.

Durante il racconto degli episodi di maltrattamento domestico viene fuori come, negli uomini, il passaggio dall’emozione all’azione sia rapido e senza controllo, tanto che un certo numero di persone parla di quanto commesso con incredulità, non riconoscendovisi.
Il mio lavoro consiste nell’aiutarli a creare la consapevolezza di quanto sta avvenendo, in primis dentro di loro, quindi non solo a vivere, ad esempio, l’emozione della rabbia, ma ad essere in grado di riconoscerla e nominarla, ma per farlo devono prima essere in grado di pensarla, per questo è necessario creare uno spazio di riflessione che può permettere all’uomo di scegliere come comportarsi, quindi agire una violenza o trovare un’alternativa.

Negli uomini in cui si riconosce una buona motivazione (e purtroppo quasi esclusivamente in questi) dare origine a questo spazio di pensiero è relativamente facile ed immediato, bastano pochi colloqui, tanto che il maltrattamento fisico può subire una repentina interruzione, pur dovendo continuare a lavorare sul maltrattamento psicologico.

Quel che si ricava è l’analfabetismo emotivo di molte persone, ma anche delle capacità di presa di consapevolezza latenti in esse presenti, che, se facilitate, vedono la luce in modo relativamente semplice.

Siamo abituati a viverle le emozioni, ma nominarle e pensarle è un’altra cosa, è una questione di abitudine, non ce l’hanno insegnato, soprattutto il genere maschile sconta in proposito un ritardo evidente. Quando si acquista consapevolezza, questa non permane come uno stato acquisito, ma è necessario uno sforzo ed una attenzione costante per il suo mantenimento, soprattutto quando maggiormente se ne ha bisogno, ossia durante i momenti di tensione che portano ad una possibile conflittualità in una coppia. Permangono in noi i vecchi modi di comportarsi ed i vecchi automatismi, perché, se anche disfunzionali, hanno l’effetto di una scarica immediata e non costano pensiero. Me ne faccio testimone io stesso con la mia esperienza in quanto lavorare in quest’ambito sicuramente mi aiuta a non (ri)cadere in certi meccanismi, ma non mi rende esente dal rischio che comunque possa succedere.

E’ necessario lavorare sugli uomini di domani che oggi sono solo dei ragazzi, non c’è niente di sbagliato in qualunque emozione, nessuna di esse è negativa, se però si impara che alcuni stati d’animo possono essere provati (amore, felicità ) ed altri no (rabbia, odio) non si avrà una esatta conoscenza di quanto si prova e non si sarà in grado di controllare il proprio comportamento, illudendosi che le cose non possano che andare in un determinato modo (“non avevo scelta”alcuni affermano convinti), quando delle alternative alla violenza ci sono sempre, devo solo “sapere” che si può scegliere.

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