I metalli pesanti nelle acque di falda non sono più un rischio potenziale, ma una realtà certificata in contrada Autigno, a Brindisi. La contaminazione è tra i motivi, di certo il più importante, alla base del sequestro preventivo della maxi discarica comunale sulla strada per San Vito dei Normanni. Ad eseguirlo, in mattinata, i carabinieri del Noe di Lecce, dalle cui informative ha preso le mosse l’indagine. Il decreto, emesso dal gip Paola Liaci su richiesta della pm Valeria Farina Valaori, mette sotto chiave beni del valore di 50 milioni di euro e complica quella che è già un’emergenza rifiuti nella provincia.

Nel registro degli indagati è finito il nome di Luca Screti, 46 anni, di San Pietro Vernotico, amministratore unico della Nubile srl, la società che gestisce l’impianto dal 2012. L’inchiesta, tuttavia, è solo al suo primo atto. E il fatto che sia di proprietà del Comune di Brindisi è più di un dettaglio: lo sguardo degli investigatori è già oltre e punta a capire anche cosa sia successo prima e quanto abbiano potuto pesare eventuali mancati controlli. Al momento, i reati ipotizzati sono quelli di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale e, appunto, di inquinamento della falda acquifera. Contaminazione che esisterebbe, però, già “da quindici anni, ben prima del mio subentro nella gestione di una parte, consistente in circa un ventesimo, del volume della discarica. Per quanto ci riguarda, da mesi questa è detenuta da noi al solo fine della messa in sicurezza e non per il conferimento dei rifiuti”. È la replica, affidata ad una nota, dell’indagato.

Di certo c’è che il pentolone Autigno è ormai scoperchiato e richiuderlo non sarà semplice, né per la magistratura né per i cittadini. Da anni l’area è al centro della bufera perché, assieme al polo industriale a sud della città, è una ferita per Brindisi e uno dei “distretti” della spazzatura più critici della Puglia. È lì che si trova anche la discarica Formica, con un passato legato agli ambienti della camorra e dissequestrata nel febbraio scorso alla fine di un lungo processo che ha portato a nove condanne per traffico di rifiuti dal Nord Est. È sempre lì che sorgono le cave e le campagne nelle quali sono state interrate tonnellate di fanghi tossici provenienti dai dragaggi del porto di Taranto.

Non un polmone verde, insomma: Autigno è un groviglio di emergenze. Che una di queste fosse la discarica pubblica, dove per mesi hanno conferito anche i comuni del Barese, era noto. Ma non fino a questo punto: sotto 15 ettari e 1,7 milioni di metri cubi di scarti, ci sono acque avvelenate. Lo dicono i rapporti di prova trasmessi dall’Arpa alla Procura il 14 aprile scorso: dai controlli eseguiti dal 16 al 19 marzo “si evidenzia il superamento, e quindi la difformità, dei parametri di ferro, manganese, nichel, su quasi tutti i pozzi. Circostanza questa che conferma l’inquinamento della falda in atto”. A ribadirlo sono anche le analisi di parte svolte dalla stessa Nubile: risultati non conformi nel 74 per cento dei referti.

Ecco perché il Noe, guidato dal maggiore Nicola Candido, ha apposto i sigilli proprio mentre si aspettava lo sblocco dell’impianto, fermo dall’11 marzo scorso, da quando, cioè, la Regione ha disposto la sospensione dell’esercizio, inizialmente per trenta giorni, entro i quali sanare le difformità riscontrate, ad esempio sulla impermeabilizzazione. Il riavvio “determinerebbe con certezza ulteriore immissione di percolato in falda”, ha scritto il gip. Il liquido tossico, risultato della decomposizione dei rifiuti, è stato ritrovato, d’altronde, “in grandi quantità affiorante in estese zone della discarica”, sia in lotti attivi che in altri in disuso. Inoltre, è stato riscontrato dell’altro: presenza di materiale non consentito, come metalli e pneumatici fuori uso; inidonea copertura giornaliera della spazzatura; stoccaggio e abbancamento non effettuato; inadeguato sistema di canalizzazione e raccolta delle acque meteoriche; opere realizzate in assenza di autorizzazione, come il tombamento di un pozzo di raccolta del percolato.

Il dopo? Un’ incognita: la polizza fideiussoria presentata dalla Nubile alla Provincia di Brindisi non è stata accettata, in quanto carente della garanzia finanziaria relativa alla post gestione e perché limitata solo ad alcuni lotti. Il rischio, dunque, è che tutto rimanga lì, senza mai alcuna messa in sicurezza. La beffa? Da quando Autigno è chiusa, i rifiuti di tutta la provincia vengono conferiti nella vicina Formica, che è solo qualche passo più in là.

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