La mamma di Elena Petrizzi, la bimba di quasi due anni morta dopo essere stata dimenticata in auto dal padre per cinque ore

E’ morto di caldo Jacopo Riganelli, il bambino di 11 mesi lasciato in auto nel parcheggio del Club velico di Passignano sul Trasimeno. Il suo cuore non ha retto alla “prolungata esposizione a raggi solari all’interno dell’autovettura del genitore”, come scrivono i carabinieri in una prima ricostruzione. La procura di Perugia ha indagato il padre per omicidio colposo.

Stamani il piccolo si trovava con il padre, Sergio, che lavora al Club velico dal martedì alla domenica, normalmente dalle 9.30 alle 12.30 ma con orari piuttosto flessibili. Non è ancora chiaro per quanto tempo e per quale motivo il bambino sia stato lasciato nell’auto. Sulla zona questa mattina splendeva il sole con una temperatura vicina ai 30 gradi. Il padre del bambino lavorava al club come marinaio ma curava anche la sede ed altre attività presso la struttura. “Jacopo era il loro faro – ha dichiarato Aurelio Forcignano, presidente del Club velico Trasimeno – Mi sento impotente davanti a un dramma come questo”. Il presidente del club ricorda poi che il padre del bambino era originario di Pastignano sul Trasimeno da dove diversi anni fa era emigrato per lavorare anche in Svizzera. Quindi il ritorno nella piccola città umbra sulle sponde del Trasimeno. “Lavorava giorno e notte – dice – per ristrutturare la casa dei genitori. I nostri soci, ma più in generale la gente del Paese lo adorano per la sua serietà. Con la moglie sono innamoratissimi ed erano stati uniti ancora di più da quel figlio”.

La tragedia di Passignano sul Trasimeno segue di appena dieci giorni la vicenda di Elena, la bimba di 22 mesi di Teramo morta dopo essere stata lasciata dal padre per cinque ore nell’auto sotto al sole. Mercoledì 18 maggio, Lucio Petrizzi, docente di chirurgia della facoltà di Veterinaria dell’università abruzzese, ferma il suo pick up nel parcheggio dell’ateneo e dimentica nell’ abitacolo la piccola, che avrebbe dovuto portare all’asilo. Per tutta la mattinata Elena resta nell’abitacolo proprio in una giornata con una temperatura media di 26 gradi. Il padre aveva rimosso completamente il pensiero di aver portato con sé la piccola e di non essere passato dall’asilo, anzi. Parla al telefono con la compagna e le assicura che andrà lui a riprendere la bimba all’asilo, torna anche alla macchina per posarvi un documento ma i vetri oscurati dei finestrini posteriori gli impediscono di accorgersi della presenza della figlia già agonizzante. Soccorsa in fin di vita dallo stesso padre all’uscita dal lavoro, la piccola viene trasferita in elicottero al presidio pediatrico Salesi di Ancona, dove i medici tentano disperatamente per tre giorni di salvarla.

Elena, colpita da un imponente edema cerebrale non si riprenderà mai più dal coma e muore sabato 21 maggio. I genitori e il magistrato – che ha indagato il padre per omicidio colposo – autorizzano i medici all’espianto di cuore, fegato e reni per la donazione: altri tre bimbi, tra i 9 mesi e i due anni, di Bergamo, Genova e Roma adesso vivono con gli organi di Elena.

I due tragici episodi seguono di pochi giorni la denuncia per abbandono di minore di due genitori pachistani che domenica 22 maggio hanno lasciato per oltre mezz’ora i figli – rispettivamente di uno e di tre anni – in auto sotto il sole nel parcheggio dell’Iper di Brembate di Sotto per andare a fare la spesa. Altri clienti del supermercato hanno notato i due bambini e hanno avvisato le forze dell’ordine, intervenute poco dopo. Fortunatamente, per i due bimbi, nessuna conseguenza.

La storia di Elena ha sensibilizzato molto l’opinione pubblica. Come è possibile per un genitore dimenticare letteralmente il proprio figlio in auto per cinque ore? La madre di Elena, Chiara Sciarrini, all’ottavo mese di gravidanza, in un’intervista a Skytg24 ha preso le difese del marito Lucio Petrizzi, padre di Elena: “Può capitare a ognuno di noi, perché non ci si ferma mai”. La donna ha voluto rilasciare una dichiarazione “per urlare al mondo intero l’amore del mio compagno verso la figlia”. Lui “padre esemplare”, non si fermava mai perché si preoccupava di me, della mia gravidanza e della piccola Elena. Tutto doveva essere perfetto e io non mi dovevo preoccupare. Lui doveva accompagnare Elena all’asilo e io rimanere a casa a riposare. E intorno a tutto questo c’era da pensare al lavoro, alle responsabilità, alla casa appena costruita…”.

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