Questo Nobel per l’Economia parla anche di Ecologia (anche se nessuno se n’è accorto)
Il Premio Nobel per l’economia è stato assegnato agli economisti Joel Mokyr, Philippe Aghion e Peter Howitt. Ho letto le motivazioni del premio e diversi articoli che lo commentano. Mokyr è stato premiato per aver identificato i prerequisiti della crescita sostenuta attraverso il progresso tecnologico. Mentre Aghion e Howitt hanno vinto per aver formulato una teoria di crescita sostenuta attraverso la distruzione creativa. Messe assieme, le idee dei tre vincitori suggeriscono che la crescita economica avvenga attraverso l’invenzione di nuove tecnologie che si affermano distruggendo, creativamente, le vecchie tecnologie che esse stesse hanno reso obsolete.
Nel 2012 ho pubblicato un libro intitolato: Economia senza natura. La grande truffa (sabato 18 ottobre lo presento a Brescia). Il mio assunto è semplicissimo: la crescita economica auspicata dagli economisti mainstream ha un costo derivante dalla distruzione del capitale naturale. Se questo costo viene considerato un’esternalità negativa, non contabilizzata nelle analisi costi-benefici, allora l’economia mostra i benefici ma nasconde i costi e, così facendo, si rivela una truffa. Perché, alla fine, i costi superano i benefici. Senza il capitale naturale, il capitale economico è di ben poca cosa: non possiamo mangiare e respirare i soldi.
La transizione ecologica avviata dalla prima presidenza Von Der Leyen va proprio in questa direzione: l’economia deve tener conto dell’ecologia. Quando ho visto la parola “sostenuta” affiancata alla parola “crescita” nella motivazione del Nobel mi son detto: eccoli qua a continuare con la crescita! Perché “sostenuto” non equivale a “sostenibile”. Possibile, mi son detto, che siamo ancora a questi livelli? Per fortuna mi sbagliavo. Ho cercato nella produzione scientifica dei tre Nobel e ho trovato un articolo, proprio del 2012, firmato anche da Aghion, intitolato “The environment and directed tecnical change” che affronta proprio questo problema.
In quell’articolo Anghion e collaboratori scrivono: “Nel caso empiricamente plausibile in cui i due settori (input puliti e input “sporchi”) siano altamente sostituibili, un intervento immediato e deciso è davvero necessario. Senza un intervento, l’economia dirigerebbe rapidamente verso un disastro ambientale, in particolare perché l’effetto dimensione del mercato e il vantaggio iniziale in produttività degli input sporchi indirizzerebbero l’innovazione e la produzione verso quel settore, contribuendo al degrado ambientale. Tuttavia, una regolamentazione ambientale ottimale — o anche semplici politiche subottimali che usino tasse sul carbonio o tasse sui profitti / sussidi alla ricerca — sarebbero sufficienti a reindirizzare il cambiamento tecnico e evitare il disastro ambientale”.
Non potrei essere più d’accordo!
Facendo un esempio limitato alla progettazione di automobili, l’innovazione tecnologica verso motori “puliti” può sostenere la crescita attraverso il rinnovamento del parco auto, e la “distruzione creativa” altro non è che la dismissione delle industrie che producono auto “sporche” a vantaggio di quelle che producono auto “pulite”. Messe assieme, l’innovazione tecnologica e la distruzione creativa ridirezionano l’economia in un senso virtuoso che, anche nelle affermazioni dei vincitori del Nobel, ha profondissime implicazioni ecologiche.
Eppure, leggendo i commenti al Nobel, non trovo argomentazioni che vadano in questa direzione. Pare che basti l’innovazione tecnologica per risolvere tutti i problemi e che la crescita economica sia perseguibile grazie al sostegno delle nuove tecnologie che sostituiscono quelle vecchie. L’ecologia non c’è. E invece c’è, eccome, anche nel lavoro dei premiati.
Questo Nobel suggerisce che la via intrapresa verso la sostenibilità sia economicamente vantaggiosa e che, se perseguita, sistemi di produzione obsoleti siano distrutti creativamente da sistemi innovativi. Sembrava che l’Unione Europea avesse intrapreso questa strada e, invece, ora cerca di rilanciare l’industria attraverso il riarmo. Un settore che non porta benefici sociali diffusi, e che fa prosperare solo chi produce armi. Costruire tecnologie distruttive, nella speranza che siano deterrenti nei confronti di chi ne produce altrettante in paesi ostili, porta a produrre beni (le armi) che si auspica non vengano utilizzati e che, se utilizzati, portino morte e distruzione. Un’assurdità economica, visto che le armi sono costruite con fondi pubblici che potrebbero essere meglio impiegati in altre direzioni.
Non esiste il premio Nobel per l’ecologia, c’è solo quello per l’economia. Eppure le due discipline Eco, ecologia ed economia, sono strettamente connesse ed è evidente persino agli economisti che la prosperità economica non può prescindere dalla integrità del capitale naturale, la cui distruzione ha come conseguenza il disastro economico e sociale. Gli economisti lo hanno capito, ma il resto della società pare non volerlo capire, visto il modo con cui sono comunicate le motivazioni di questo Nobel per l’Economia che, visti i contributi dei vincitori, potrebbe essere anche per l’Ecologia!