Ottimi, buoni, accettabili (e tre brutti) film. Ma un solo capolavoro si è visto al concorso della 78ma Cannes: Resurrection del cinese Bi Gan. Per chi conosce il talento del giovane cineasta cinese non è una novità rimanere ipnotizzati dalla fantasmagoria complessa, plurisensoriale e immaginifica messa in scena in questo suo film-mondo, che ripercorre con originalità assoluta la Storia del cinema in un contesto di fantascienza distopica umanissima, nostalgica ma anche lungimirante. Insomma, il film più meritevole fra i 22 in gara per aspirare alla Palma d’oro.
Ma tutto, naturalmente è possibile. Ovvero che la giuria guidata dalla pur cinéphile Juliette Binoche non rimanga catturata dall’opera d’arte di Bi Gan favorendogli, invece, altri titoli per il massimo riconoscimento. Il favorito, in ogni rivista specializzata e previsione, è il bellissimo A Simple Accident di Jafar Panahi, per i motivi già spiegati nei giorni precedenti: quello del regista iraniano è un cinema raffinato, millimetrico ed essenziale.
Se è molto difficile che Fuori di Mario Martone possa entrare nel palmares (nonostante la sicura difesa che la giurata Alba Rohrwacher possa offrirgli), è invece probabile vi facciano breccia titoli fra il brasiliano O agente segreto di Kleber Mendoça Filho (per la regia), Sirat del franco-spagnolo Oliver Laxe (che potrebbe ambire alla Palma o al Grand Prix), Sound of Falling della tedesca Mascha Shilinksi (una delle sorprese del festival, anche lei forte per la regia), Dossier 137 del francese Dominik Moll (interessante candidato per la sceneggiatura e la protagonista Lea Drucker), Two Prosecutors dell’ucraino Sergei Loznitsa (per la sceneggiatura) e Sentimental Value del norvegese Joachim Trier (soprattutto per il protagonista maschile Stellan Skarsgård). E accanto ai nomi indicati, per le interpretazioni potrebbero distinguersi l’eccezionale performance di Jennifer Lawrence per Die, My Love della scozzese Lynne Ramsay e l’ottima prova di Paul Mescal in The History of Sound del sudafricano Oliver Hermanus.
Naturalmente, per esperienza festivaliera, le previsioni lasciano il tempo che trovano: le giurie internazionali mettono in campo criteri di autonoma coerenza (o incoerenza!) quando stilano la propria lista dei premiati. La speranza è che non vadano a pescare nei titoli meno meritevoli solo per contemplare equilibri geo-politico-territoriali. Che vinca veramente il migliore.