“Quando sono con loro mi sento ancora dentro, ovvero mi sento libera”. Così Goliarda Sapienza esprimeva la più radicale delle sue contraddizioni che, nel paradosso della sua persona e del suo pensiero, erano perfettamente coerenti. Era il 1980 e la scrittrice, anarchica e anticonformista e che scriveva “per stronarsi”, era reduce da “dentro” la prigione per un furto di gioielli a un’amica. Qui aveva incontrato donne vitali, diversamente protagoniste delle loro imperfezioni, autentiche e vibranti. Quel breve periodo carcerario, da cui nacquero le opere L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio, rappresentò la sua rinascita come donna, come scrittrice e intellettuale.
È proprio a questa figura femminile italiana fondamentale della scrittura del ‘900 che Mario Martone dedica Fuori, l’emblematico e provocatorio titolo del suo undicesimo lungometraggio di finzione, unico concorrente al 78° Festival di Cannes. “Inizialmente volevo fare una biografia di Goliarda – spiega il regista napoletano – ma Ippolita (Di Majo, ndr) non riuscivamo a trovare il racconto e il tono giusti. Poi, mentre io facevo altro, Ippolita ha avuto l’idea di un soggetto: me l’ha mostrato e a quel punto mi sono sentito come liberato, avevamo trovato il film che cercavamo ma non riuscivamo a trovare”.
Un’opera complessa, stratificata, sospesa nel tempo e nello spazio, che riverbera la capacità del regista napoletano di saper “cinematograficamente” indagare l’intimità dell’animo femminile tanto bene quanto quello maschile, a cui ha dedicato la stragrande maggioranza della sua filmografia. Uno sguardo femminile (quello di Di Majo) e poi “di coppia” su un personaggio straordinario nel senso più letterale del termine non poteva che informare un testo verticale, tanto appassionato quanto intelligente, ma anche in grado di ragionare artisticamente sull’ineffabilità stessa di Goliarda. Perché se vi è una certezza rispetto alla sua indole questa fu la sua inafferrabilità rispetto alle definizioni.
Da tale assunto, probabilmente, nasce la non facile scelta di di Majo/Martone di mettere in scena una Sapienza che fugge dalle auto-definizioni offrendosi invece a quelle che giungono da “fuori”, dalle ex compagne di prigione che forse meglio di lei hanno saputo (ri)conoscerla. Così il “fuori” del titolo assume plurimi significati: non solo l’extra carcerem, ma anche il fuori auto-coscienza, la mancanza di consapevolezza del sé gradualmente raggiunta grazie allo stare “dentro”. Giocando sotto le magnifiche luminosità della Roma fotografata da Paolo Carnera, e lavorando mirabilmente sugli spazi inquadrati (che spesso assumono valenze metaforiche) Fuori è un canto cinematografico che si eleva in una perenne sospensione, perché tale è lo sguardo della scrittrice e donna Goliarda sul mondo: anche qui, lei è un “fuori” dai mondi comuni. E Martone non poteva che scegliere “lei” per interpretarla, quella Valeria Golino che così a lungo e in profondità ha studiato il capolavoro postumo L’arte della gioia per farne l’omonima e bellissima serie tv.
“Con Goliarda c’è un rapporto che dura da 40 anni – dichiara Golino senza nascondere una certa soddisfazione. “Ne avevo 18 quando l’ho incontrata dal vero. Era una signora anziana ma dentro più giovane e curiosa di me che ero una ragazza. Nel tempo è stato un profondo innamoramento del suo spirito libero, anarchico, incompiuto, ribelle ma anche docile a suo modo. Entrare nei panni di Sapienza per me è stato come finalmente respirare con lei. E questo è avvenuto dopo pochissimo che avevo finito la mia serie, quindi quasi un lavoro in continuità. Mi sono dovuta naturalmente liberare di alcune cose che avevo acquisito per il lavoro registico sull’Arte della gioia e acquisirne di nuove, ma in definitiva posso finalmente dire che Goliarda ed io ci siamo sposate!”
Dunque, un “fuori” filmico che si fa squisitamente filmico, intra-testuale, coerente e circolare. Valeria/Goliarda respirano di unità sostanziale: gli occhi osservanti da ogni parte o da nessuna parte, il sorriso malinconico, la volontà di capire se stessa senza mai riuscirci. Ci penserà Roberta – una spettacolare Matilda De Angelis – a danzare attorno a Goliarda, svegliandola, irritandola, sorprendendola a ogni incontro. La giovane eroinomane, che entra ed esce da Rebibbia per motivi politici e non solo, è colei che permette a Sapienza di prendere forma, è lo sguardo “fuori” che riverbera il rapporto “dentro”. Con Roberta anche Barbara (Elodie) ma anche un manipolo di altre detenute, si formerà una compagnia di donne che amano la vita e che, attraverso le regole del “dentro”, hanno capito come funziona il “fuori”. Prodotto da Italia e Francia, e in particolare da Indigo Film con Rai Cinema e The Apartment, Fuori uscirà nelle sale il 22 maggio.