Mi sono dimesso, come annunciato, nelle mani della presidente del Consiglio e la ringrazio dell’attenzione che mi ha riservato”. Dopo un’incontro di quasi un’ora con Giorgia Meloni a palazzo Chigi, Vittorio Sgarbi mette fine al balletto circense sulle sue dimissioni da sottosegretario ai Beni culturali. Dopo il passo indietro annunciato venerdì scorso, motivato con la pronuncia sfavorevole dell’Antitrust sulla sua attività di conferenziere a pagamento, nel weekend il critico d’arte aveva ritrattato, affermando che le dimissioni sarebbero diventate esecutive solo dopo l’esito del suo ricorso al Tar contro il provvedimento: nel frattempo spiegava di volersi “autosospendere” dall’incarico di governo. Persino la premier a quel punto si era spazientita e aveva cercato di chiudere la faccenda. “Trovo corretta la scelta di dimettersi, per cui accolgo le dimissioni. Aspetto di incontrarlo a Roma”, aveva detto (video). Qualche giorno dopo l’incontro è avvenuto e l’abbandono della poltrona è stato (finalmente) formalizzato, togliendo Meloni dall’imbarazzo.

Negli ultimi mesi, infatti, il critico d’arte è stato coinvolto in una serie di scandali di risonanza mondiale, svelati dalle inchieste del Fatto e di Report (qui tutte le tappe), sui suoi cachet d’oro ricevuti durante l’incarico di governo in violazione della legge sul conflitto d’interessi, e, soprattutto, sul presunto riciclaggio di un quadro del Seicento rubato. Sul caso dei cachet era stata aperta un’istruttoria da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui nei giorni scorsi è stato reso noto l’esito negativo per Sgarbi. Nei suoi confronti, inoltre, pendeva alla Camera una mozione di revoca sottoscritta da M5s, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra, che si sarebbe dovuta votare il prossimo 14 febbraio. Sgarbi è il secondo esponente dell’esecutivo a lasciare il posto dopo Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia, che ha lasciato l’incarico di sottosegretaria all’Università dopo la condanna definitiva a un anno e sei mesi per peculato.

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