El robo de un quadro“. “Ladrón de cuadros“. “Le vol de tableau“. “Das gestohlenes gemälde“. “The stolen painting“. Ovvero: il quadro rubato. Per i giornali di mezzo mondo quello che coinvolge Vittorio Sgarbi è un caso che merita articoli su articoli. Per alcuni è uno scandalo, per altri un problema grosso per il governo di Giorgia Meloni che, fanno notare le testate più attente, non ha proferito parola sulla vicenda che vede indagato per riciclaggio il suo sottosegretario alla Cultura. Attenzione: a parlare dell’inchiesta de Il Fatto Quotidiano e di Report non sono media di second’ordine: ne hanno scritto il Guardian e il Telegraph, quotidiani e siti internet di Francia e Germania (tra cui la Süddeutsche Zeitung), giornali spagnoli (tra cui El Pais) e svizzeri, riviste del settore come Artnews, finanche testate sudamericane quali La Nacion (Argentina), El Observador (Uruguay), El Espectador (Colombia) e altre.

Cosa dicono i giornali stranieri – Al netto delle differenze di stile giornalistico, tutti i media citati hanno ricostruito la vicenda che coinvolge Vittorio Sgarbi con dovizia di particolari, a partire dalla cronistoria: dalla sparizione del quadro di Rutilio Manetti dal castello di Buriasco nel 2013 alla ricomparsa in una mostra a Lucca nel 2021 fino agli ultimi sviluppi, ovvero l’iscrizione nel registro degli indagati a Imperia e il trasferimento per competenza a Macerata, dove si indaga per l’ipotesi di riciclaggio. Non solo. Alcuni media non solo hanno riportato la notizia citando Il Fatto e Report, ma hanno anche dedicato articoli di commento alla vicenda. La Süddeutsche Zeitung, ad esempio, ha pubblicato un pezzo dal titolo molto evocativo: Meister der Kunst und der Provokation, ovvero “Maestri dell’arte e della provocazione”, con tanto di foto sparata del critico.

Il Telegraph invece ha corredato il proprio articolo con un’intervista a Lynda Albertson, criminologa e amministratore delegato dell’Associazione per la ricerca sui crimini contro l’arte. La professionista ha parlato del quadro del Manetti o, meglio, di quello sparito 11 anni fa e della sua ricomparsa in Toscana tre anni fa, seppur con un particolare in più: una candela che non compare nella versione rubata dal maniero piemontese. “I due dipinti sembrano molto, molto simili. Le dimensioni e le proporzioni sembrerebbero corrispondere esattamente” ha detto la criminologa, secondo cui “all’epoca non esisteva la tecnologia per copiare i dipinti tratto per tratto, per copiare la proporzionalità. Ma alla fine la decisione dovrà essere presa da esperti dell’arte italiana del XVII secolo”. Secondo quanto ricostruito dal Fatto Quotidiano, la candela della discordia è stata un’aggiunta postuma e in tal senso l’ipotesi della Procura di Macerata è chiara: l’opera di Rutilio Manetti sarebbe stata modificata per nasconderne l’origine.

Il silenzio di Meloni e la posizione di Sangiuliano – I giornali internazionali hanno evidenziato anche il silenzio totale della premier Giorgia Meloni e la posizione del ministro Sangiuliano, che ad esempio secondo Tagesspiegel “sostiene” Sgarbi. In tal senso, che la presidente del Consiglio non abbia detto una sola parola sulla vicenda è cosa nota, ma è diverso il comportamento del titolare del dicastero della Cultura. “Non faccio il magistrato. Se la magistratura arriverà a una conclusione ne prenderemo atto, ma i processi si fanno nei tribunali” ha detto il 10 gennaio Sangiuliano a Radio 1, rispondendo a una domanda sulla richiesta di revoca dell’incarico al sottosegretario avanzata dal Movimento 5 Stelle. E ancora: “Ricordo – ha aggiunto – che, quando si è evidenziato un problema dei comportamenti di Sgarbi sono stato io a mandare gli atti all’autorithy competente e loro si sono presi fino a febbraio per decidere. In funzione di quello che decideranno ci muoveremo”.

Le consulenze (vietate) del sottosegretario – Il riferimento del ministro ai “comportamenti di Sgarbi” altro non è che il risultato di un’altra inchiesta de Il Fatto Quotidiano, ovvero quella sulle consulenze a pagamento fatte dal critico nonostante il suo impegno di governo, circostanza contraria a una legge del 2004 che vieta a coloro che svolgono compiti governativi di “esercitare attività professionali o lavorare come liberi professionisti in questioni relative alle loro funzioni”. Una vicenda, quest’ultima, citata anche dai giornali stranieri negli articoli dedicati al furto del quadro La cattura di San Pietro di Rutilio Manetti. Due fatti diversi, un unico protagonista e la considerazione finale di Blick, il secondo giornale più venduto in Svizzera: “In Italia l’alleanza di governo della presidente Meloni è messa a dura prova dall’affaire”.

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