“Vorrei annunciare qua le mie dimissioni da sottosegretario di Stato alla Cultura”. Vittorio Sgarbi sceglie di ufficializzare il passo indietro tanto atteso nel corso dell’evento “La Ripartenza”, organizzato a Milano dal conduttore tv Nicola Porro. Negli ultimi mesi il critico d’arte è stato coinvolto in una serie di scandali di risonanza mondiale, svelati dalle inchieste del Fatto e di Report (qui tutte le tappe), sui suoi cachet d’oro ricevuti durante l’incarico di governo e, soprattutto, sul presunto riciclaggio di un quadro del Seicento rubato. Nei suoi confronti, inoltre, pendeva alla Camera una mozione di revoca sottoscritta da M5s, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra, che si sarebbe dovuta votare il prossimo 15 febbraio. “Io sono solo Vittorio Sgarbi, non sono più sottosegretario, non voglio essere sottosegretario”, ha detto, annunciando di voler scrivere una lettera alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per informarla del passo indietro.
Dal caso-conferenze allo scandalo del quadro – Il primo scoop pubblicato dal nostro giornale, lo scorso 24 ottobre, aveva raccontato l’attività parallela del critico d’arte, che ha fatturato almeno trecentomila euro partecipando a eventi privati a pagamento (almeno 33 in nove mesi) durante il mandato di governo, nonostante la legge Frattini del 2005 impedisca ai membri dell’esecutivo di svolgere “attività professionali in materie connesse alla carica”, persino a titolo gratuito. Quello scandalo era stato poi oscurato dalle successive notizie sulla “Cattura di San Pietro” di Rutilio Manetti, dipinto trafugato nel 2013 dal castello di Buriasco, in Piemonte, e riapparso nel 2021 (con una piccola modifica) come “inedito” in una mostra del critico a Lucca (lui sostiene di averlo trovato per caso nel sottotetto di una sua villa). Sulla vicenda – raccontata dal nostro Thomas Mackinson e da Manuele Bonaccorsi di Report, e ripresa persino dal New York Times – la Procura di Macerata indaga Sgarbi per furto di beni culturali. A Imperia, invece, su di lui c’è un fascicolo aperto per l’esportazione illecita del “Concerto con bevitore“, un altro dipinto seicentesco, di Valentin de Boulogne. Vale milioni, ma l’autista di Sgarbi è accusato di averlo comprato in nero per diecimila euro.
L’attacco a Sangiuliano: “Senza dignità” – Nel frattempo però, all’indomani dell’articolo del Fatto, sul caso degli incarichi retribuiti era stata aperta un’istruttoria da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Anche se il termine per la fine dell’indagine è fissato al 15 febbraio, il procedimento è probabilmente già stato chiuso e nei primi giorni della prossima settimana, forse lunedì stesso, saranno comunicate le conclusioni. A quanto pare però a Sgarbi è già stato comunicato l’esito negativo, che lo ha convinto a mollare finalmente la poltrona. “L’Antitrust mi ha mandato una molto complessa e confusa lettera dicendo che aveva accolto due lettere anonime, che ha inviato all’Antitrust il ministro della Cultura, in cui c’era scritto che io non posso fare una conferenza da Porro e non posso parlare di Michelangelo a teatro. Questa conferenza, secondo quello che l’Antitrust mi ha inviato, sarebbe incompatibile”, ha detto dal palco dell’evento di Milano. Il procedimento Antitrust infatti era stato aperto su segnalazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Contro cui ora Sgarbi si scaglia: “Non ci parliamo dal 23 ottobre. Non potevo sentire una persona che riceve una lettera anonima e la manda all’Antitrust. Le lettere anonime si buttano via, gli uomini che hanno dignità non accolgono lettere anonime“, attacca, riferendosi alle segnalazioni che hanno svelato la sua attività illegittima di conferenziere.
Le “scuse” per la sfuriata ai cronisti – Il critico stesso ha definito le proprie dimissioni “un colpo di teatro“: “Sono due ore che medito se farlo o se non farlo”, ha detto a Porro. “La legge consente che io, attraverso il Tar (impugnando il provvedimento dell’Antitrust, ndr) indichi che non può essere in conflitto di interessi chi non ha un lavoro, chi è in pensione come professore e come sovrintendente. Io ho fatto occasionalmente – le occasioni possono anche essere quotidiane – conferenze come questa. Questa conferenza, secondo quello che l’Antitrust mi ha inviato, sarebbe incompatibile, illecita, fuorilegge. Quindi, per evitare che tutti voi siate complici di un reato, io parlo da questo momento libero del mio mandato di sottosegretario. Avete comunque un ministro, altri sottosegretari. Io riparto e da ora in avanti potrò andare in tv e fare conferenze”. Sgarbi si è anche “scusato” per aver augurato la morte ai cronisti nel servizio trasmesso durante l’ultima puntata di Report: “Io sono noto per le mie imprecazioni, ma non ho nessuna volontà di crudeltà e di morte per nessuno”, si giustifica. Ribadendo che però si è trattato di una “intervista non autorizzata, non voluta. A un certo punto, non essendo un’intervista, io ho fatto imprecazioni, che sono sembrate anche a qualche giornalista offensive. Io ritiro il mio augurio di morte, mi scuso di averlo pensato e non sono più neanche in sottosegretario. D’ora in avanti augurerò la morte senza essere responsabile di essere sottosegretario“, afferma.