Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (Fratelli d’Italia) è stato interrogato in Procura a Roma nell’ambito dell’indagine aperta per rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio, in cui è accusato di aver passato un documento riservato della Polizia penitenziaria al compagno di partito (e coinquilino) Giovanni Donzelli, che ha sua volta l’ha usato – il 31 gennaio scorso – per attaccare nell’Aula della Camera i colleghi del Pd sul caso di Alfredo Cospito. Nel documento – una “scheda di sintesi” del Nic, il nucleo operativo centrale della Penitenziaria – si descrivevano infatti i colloqui nell’ora d’aria tra l’anarchico e i suoi compagni di “socialità”, due uomini di Cosa Nostra e un camorrista, sull strategia “politica” per arrivare all’abolizione del regime di 41-bis. Donzelli aveva accusato i parlamentari dem, che erano andati a visitare Cospito in carcere, di “stare dalla parte dei terroristi con la mafia“.

A condurre l’interrogatorio a Delmastro, durato circa due ore, i sostituti procuratori Rosalia Affinito e Gennaro Varone, cooordinati dall’aggiunto Paolo Ielo e dal procuratore capo Francesco Lo Voi: uscendo dal Palazzo di giustizia di piazzale Clodio, il sottosegretario non ha voluto rispondere ai cronisti. A quanto si apprende, l’esponente di FdI – difeso da un altro compagno di militanza, l’avvocato Giuseppe Valentino – ha ribadito ai magistrati che l’atto trasmesso a Donzelli non era segreto: una tesi già ripetuta in varie sedi, e rilanciata in Parlamento anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Quando a chiedere copia dell’atto sono stati tre deputati di opposizione, però, il ministero lo ha negato, trasmettendo solo un estratto di tre pagine su (almeno) 54. Il difensore di Delmastro ha annunciato l’intenzione di presentare una memoria.

Intanto, nella notte tra giovedì e venerdì, l’ingresso della sede della Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea a Bruxelles è stato imbrattato con la scritta “Free Cospito, Cospito libero” e altri segni di vernice rossa. La scritta è stata cancellata dopo il sopralluogo delle autorità belghe, avvisate dai funzionari italiani, che hanno subito avviato un’indagine sull’accaduto contattando le autorità competenti. E sono state rafforzate le misure di sicurezza sullo stabilimento Iveco Defence Vehicles di Bolzano, l’azienda che produce mezzi blindati a cui giovedì è stato recapitato un volantino dattiloscritto firmata dalla Fai (il gruppo anarchico di cui fa parte Cospito) con la minaccia di uccidere un manager. Gli inquirenti stanno passando al setaccio le immagini della videosorveglianza e di altre telecamere nei dintorni della fabbrica. La busta con il volantino e un proiettile non era timbrata e per questo – si ritiene – potrebbe essere stata imbucata direttamente allo stabilimento. Nei confronti del manager minacciato sono state predisposte misure di sicurezza: al momento si tratta di una tutela che prevede l’affiancamento di almeno una persona.

A Milano, nel frattempo, si sta valutando di far tornare l’anarchico – in sciopero della fame contro il 41-bis dal 20 ottobre scorso – al padiglione del servizio di assistenza intensificata del carcere di Opera, trasferendolo dal reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo, dove si trova ricoverato da sabato scorso. Se i parametri medici confermeranno i segnali di lieve miglioramento di questi giorni, il trasferimento potrebbe avvenire all’inizio della prossima settimana. Da lunedì scorso il 55enne ha ripreso ad assumere gli integratori e ha mangiato yogurt, ascoltando i consigli dei medici, per evitare che la situazione potesse precipitare, in quanto, andando avanti con acqua, sale o zucchero, era molto alto il rischio di una crisi cardiaca o di un edema cerebrale. Il detenuto vuole riuscire ad arrivare lucido al 24 febbraio, quando la Cassazione deciderà sul ricorso della difesa contro il carcere duro. Il procuratore generale ha dato parere favorevole alla revoca. Intanto il difensore di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ha depositato al tribunale della Sorveglianza di Roma il ricordo contro il provvedimento con cui il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, aveva rigettato l’istanza di revoca del 41-bis presentata all’inizio di gennaio.

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