I controlli andavano fatti palmo a palmo, a vista. Invece gli ispettori di Spea Engineering, società controllata da Autostrade per l’Italia, sfrecciavano in macchina, a 70 all’ora, ridendo e cantando: “Non sono una signora!”. Il riferimento, alla hit della celebre icona del pop italiano Loredana Bertè è dovuta al fatto che la galleria, situata nel comune di Masone, sul tratto ligure della A26, si chiama Bertè.

Peccato che in quel punto, un mese e mezzo più tardi, il 30 dicembre 2019, siano crollate due tonnellate e mezzo di cemento, che solo per un soffio non hanno ammazzato due automobilisti. Il rapporto compilato da Spea garantiva che era tutto a posto: per cinque anni il tunnel non avrebbe avuto bisogno di interventi. Peccato che a quella velocità, al buio, e con l’ulteriore complicazione delle “onduline” (lamiere in teoria temporanee, che nelle gallerie controllate da Aspi rimanevano montate per decenni), secondo gli investigatori non si poteva vedere assolutamente nulla.

A riprendersi, con una telecamera appoggiata sul cruscotto, sono gli stessi tecnici di Spea. Il video – che documenta un’ispezione avvenuta il 18 novembre 2019 – è stato mostrato lunedì 13 febbraio nell’aula del tribunale di Genova, in cui si sta tenendo il processo per i 43 morti del crollo del Ponte Morandi. Per la Procura ligure è la dimostrazione che i controlli sulla rete autostradale erano sistematicamente falsificati, una pratica continuata anche dopo la strage di Genova.

Le verifiche venivano costantemente ammorbidite, secondo gli inquirenti, per rinviare i lavori e risparmiare sulle manutenzioni. Nei mesi successivi al crollo del Ponte Morandi, su input della Procura e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Autostrade ha estromesso Spea dai controlli, affidandoli ad alcune società esterne. La classificazione del degrado delle opere autostradali veniva quantificato con dei voti: più le valutazioni erano alte, e più era consistente il degrado. Il riaffidamento dei controlli ha portato secondo la Guardia di Finanza al rialzo dei voti dati in precedenza del 328%. In alcuni casi, questo ha portato alla chiusura immediata di viadotti e gallerie, perché “a rischio crollo”. E a farne le spese, dopo anni di incuria, oggi sono gli automobilisti, che sulle autostrade liguri, disseminate di cantieri, sono costretti a decine di chilometri di coda, causati dai lavori straordinari.

In aula è stato sentito anche il maresciallo della guardia di finanza Stefano Figini, che ha illustrato il dossier raccolto a seguito del collasso della volta della galleria Bertè in A26, il 30 dicembre 2019. Nel documento sono stati catalogati i risultati dei controlli dei 285 tunnel del nodo ligure: “Sono stati rilevati difetti gravi in 6613 punti di 191 gallerie”. Sono 59, fra manager e tecnici di Autostrade per l’Italia, Spea e dirigenti del Ministero, gli imputati per il disastro del Morandi. Una seconda inchiesta, in cui sono indagate decine di persone, riguarda la carenza nelle manutenzioni di viadotti, gallerie e l’installazione di barriere fonoassorbenti difettose, che crollavano sulla carreggiata in presenza di forte vento. Un difetto dovuto a un errore di progettazione, che secondo i pm Aspi aveva scelto di ignorare per questioni economiche: riparare allo sbaglio sarebbe costato troppo.

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