Entrambi i ladri erano stati sorpresi all’interno di un albergo sul litorale del Lido di Jesolo, mentre stavano tentando di aprire una cassaforte e si erano già impossessati di un televisore. Ma gli agenti del commissariato non hanno potuto che arrendersi, alzando le mani non tanto di fronte ai malintenzionati, bensì alla riforma Cartabia, che li ha praticamente disarmati nel momento in cui stavano per tirar fuori le manette. Il tentativo di furto c’era, la refurtiva pure, la flagranza di reato era consumata davanti agli occhi dei poliziotti, eppure mancava il requisito che dall’1 gennaio consente l’azione penale in questi casi. Mancava, infatti, la querela di parte, necessaria per questo tipo di reati dopo l’introduzione della riforma Cartabia. E così i due se ne sono andati senza nemmeno passare la notte in carcere.

Il furto all’hotel – I primi effetti delle nuove norme penali, varate dal governo di Mario Draghi ed entrate in vigore – dopo un rinvio di due mesi – con l’esecutivo di Giorgia Meloni, cominciano a vedersi. Il tentato furto è avvenuto al Pineta Aparthotel di viale Oriente 140 a Cortellazzo. Si tratta di un residence a quattro stelle immerso nella pineta, a due passi dalla zona delle dune, chiuso perché la stagione balneare riprenderà solo tra qualche mese. Un italiano di 37 anni e un tunisino di 33 anni sono entrati nell’edificio, che è però controllato da un custode. Inoltre è entrato in azione l’allarme e quindi i due ladri hanno avuto poco tempo a disposizione prima di essere scoperti. Sufficiente, comunque, per arraffare un televisore e per mettersi al lavoro davanti a una cassaforte. Sul posto sono intervenuti gli agenti del commissariato per i quali è stato un gioco da ragazzi bloccare i due ladri, contestando il tentato furto con scasso.

Il magnate russo non c’è: manca la querela – A quel punto è cominciato l’iter consueto nei casi di arresto. Telefonata al pubblico ministero di turno per ottenere l’autorizzazione al fermo. Qui è insorta la difficoltà, perché il Pineta Aparthotel fa parte del gruppo Lajadira, una società a responsabilità limitata che è iscritta nel registro delle imprese di Belluno. È infatti proprietaria dell’Hotel Lajadira, un 5 stelle che si trova a La Riva, una località di Cortina d’Ampezzo. Il legale rappresentante della società è un magnate russo, Andrey Alexandrovich Toporov, che nella cittadina bellunese è stato coinvolto nella vicenda di un cantiere da 16 milioni di euro per la costruzione di un nuovo albergo di lusso, oggetto di sequestro da parte della magistratura. Infatti era prevista una ristrutturazione dell’hotel Ampezzo, ma il vecchio edificio è stato completamente abbattuto.

I ladri restano liberi – Dopo aver scoperto il tentato furto a Jesolo, gli agenti hanno cercato inutilmente di procurarsi la querela del proprietario russo del Pineta Aparthotel, in quel momento assente. Il pm ha così dato indicazioni per non procedere con il fermo, in vista del processo per direttissima che si sarebbe celebrato fino al 31 dicembre scorso. Senza una querela valida non sono possibili misure coercitive nemmeno nell’immediatezza del fatto. Solo se fosse stato presente il rappresentante legale della società Lajadira, infatti, avrebbe potuto firmare la querela. I due ladri, comunque, restano ovviamente indagati. Almeno per i prossimi 90 giorni, termine massimo previsto ai fini della formalizzazione dell’eventuale querela. Solo in quel caso verranno perseguiti con la procedura ordinaria. Al contrario, se cioè il magnate russo proprietario del Pineta non dovesse o non potesse querelare, l’azione penale decadrà.

I politici di centrodestra contro la riforma – La vicenda dell’hotel Pineta, ovviamente, ha scatenato i commenti dei politici locali, soprattutto quelli di centrodestra, sempre molto attenti ai reati come i furti e le rapine. Daniele Bison, che in passato fu assessore comunale di Alleanza Nazionale: “Ora il rischio è che i delinquenti la facciano franca. Il reato predatorio è tra i più odiosi, il fatto che ora serva una querela per procedere contro i ladri sembra una beffa, oltretutto c’è il timore che le forze dell’ordine, già con le mani abbastanza legate, siano ancora più sfiduciate”. Il sindaco Christofer De Zotti, di centrodestra: “È una vergogna, quando diciamo che manca la certezza della pena ci riferiamo proprio a questo”. Roberto Dal Cin, presidente nazionale di Confapi Turismo: “Mi chiedo che reato debba commettere un delinquente per essere arrestato. Occorre la certezza della pena, quella norma va rivista”.

Gli effetti nefasti della riforma Cartabia – La vicenda di Jesolo rappresenta probabilmente il caso simbolo degli effetti nefasti provocata dalla riforma penale firmata da Marta Cartabia, guardasigilli del governo Draghi. Entrata completamente in vigore il 30 dicembre dopo il rinvio di due mesi deciso dal governo di Giorgia Meloni, tra le altre cose la legge trasforma una serie di reati da “perseguibili d’ufficio” a “perseguibili a querela“, cioè solo su richiesta formale della vittima. Non si tratta di fattispecie di poco conto: ci sono appunto i furti aggravati, le lesioni personali stradali gravi o gravissime, le truffe, le violenze private e i sequestri di persona non aggravati, previsti dall’articolo 605 del codice penale e puniti con la reclusione da sei mesi a otto anni. In mancanza di una querela, o se la querela viene ritirata, i fascicoli per questi reati vanno automaticamente in fumo, così come le misure cautelari già applicate. Il Fatto Quotidiano ha già raccontato alcuni casi eclatanti relativi agli effetti della riforma: c’è la vicenda milanese che coinvolge il trapper Simba La Rue, arrestato per aver rapito e malmenato il rivale Baby Touché e liberato pochi giorni fa per mancanza di querela. Ma pure il caso di Savona, dove due cittadini albanesi sono a processo per aver rapito, legato e imbavagliato un 22enne che terrorizzavano con continue richieste di denaro. Ma la vittima ha ritirato la querela e l’accusa di sequestro di persona è finita in fumo nonostante la prova fosse già stata ritenuta solidissima da un gip. Un po’ come a Jesolo, dove per finire in carcere ai due ladri non è bastato neanche farsi beccare mentre cercavano di scassinare la cassaforte di un hotel.

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