Col pretesto di evitare la scarcerazione dei boss mafiosi, nel centrodestra c’è chi vuol favorire quella dei colletti bianchi. Smantellando da un giorno all’altro le restrizioni introdotte dalla legge Spazzacorrotti, voluta dall’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede durante il primo governo Conte e promossa dalla Commissione europea. L’occasione – come anticipato nei giorni scorsi dal Fatto Quotidiano – è la conversione in legge del primo decreto del governo Meloni, ribattezzato “anti-rave” per la discussa norma contro i raduni illegali. Che però contiene anche misure in tema di Covid e soprattutto la riforma dell’ergastolo ostativo, approvata in extremis per evitare che la Corte costituzionale dichiarasse illegittime le norme esistenti, spalancando le porte delle carceri ai condannati di mafia non pentiti. Ed è proprio questa parte del provvedimento che Forza Italia vuole usare come grimaldello per fare un regalo ai detenuti per corruzione, concussione, peculato e altri reati contro la pubblica amministrazione, che dal 2019 – grazie alla Spazzacorrotti – sono stati affiancati a quelli di mafia e terrorismo nell’elenco degli “ostativi” previsti dall’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Cosa significa? Che i condannati per queste fattispecie non possono accedere ai benefici penitenziari (come il lavoro esterno, i permessi premio o le misure alternative alla detenzione) se non collaborano con la giustizia.

L’emendamento – Ora i berlusconiani chiedono di fare dietrofront rispetto a quel giro di vite. E tentano il blitz con uno dei 14 emendamenti presentati da Pierantonio Zanettin, capogruppo azzurro in Commissione Giustizia al Senato, dove il decreto è in discussione. Il testo propone di eliminare dalla norma sull’ostativo il riferimento agli articoli del codice penale che vi erano stati aggiunti nel 2019: 314 (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l’esercizio della funzione), 319 e 319-bis (corruzione e corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità), 320 (corruzione di incaricato di pubblico servizio), 322 (istigazione alla corruzione). Insomma di tornare all’antico, quando era praticamente impossibile che un condannato per corruzione o peculato finisse davvero in carcere, perché le pene alternative scattavano quasi in automatico. Eppure, nel febbraio 2020, nella relazione economica sull’Italia la Commissione europea approvava la stretta sui reati contro la pubblica amministrazione segnalando “la crescente contiguità tra corruzione e criminalità organizzata segnalata dalle Procure”, che giustificava “l’estensione ai casi di corruzione delle misure investigative per la lotta contro la criminalità organizzata”.

M5s: “Fi ammicca a corrotti e corruttori” – “Da Forza Italia arriva puntuale il solito attacco alla legislazione anticorruzione. L’obiettivo di Fi dopo trent’anni è ancora sempre lo stesso: ammiccare in tutti i modi a corrotti e corruttori“, attaccano Valentina D’Orso e Ada Lopreiato, capigruppo del M5s nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, annunciando un’opposizione “la più dura possibile”. La proposta di Zanettin, dicono, è “un colpo al cuore della legge Spazzacorrotti del Movimento 5 Stelle, soprattutto un duro attacco alla battaglia dello Stato contro i reati dei colletti bianchi”. La legge anticorruzione, ricordano, “è stata approvata per rispondere ad un preciso fenomeno: oggi vi è una mafia affarista che non utilizza più esclusivamente il metodo intimidatorio ma si avvale di metodi corruttivi per infiltrarsi nella Pa e nell’economia legale, allo scopo di perseguire i propri sporchi interessi, riciclare denaro e controllare porzioni di territorio. Per questo è giusto e doveroso prevedere il massimo rigore verso coloro che sono condannati definitivamente per reati gravissimi contro la pubblica amministrazione”.

Gli scenari – Se l’emendamento riuscirà o meno a trasformarsi in legge dipende dagli equilibri interni alla maggioranza. Non è un mistero che Forza Italia sia critica su molti aspetti del decreto, considerato di ispirazione troppo giustizialista: agli azzurri non piacciono i numerosissimi paletti che limitano la possibilità dei condannati ostativi di accedere ai benefici, e nemmeno la nuova fattispecie di cui all’articolo 434-bis del codice penale, il cosiddetto “reato di rave”, che punisce da tre a sei anni i colpevoli di “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Per questo gli emendamenti di Zanettin erano molto attesi. Ma a conti fatti il capogruppo forzista si è limitato al minimo sindacale: sull’ostativo ha chiesto alcune modifiche poco impattanti (ad esempio di far decidere sulla concessione dei benefici a un solo giudice, anziché tre), mentre sulla norma anti-rave ha proposto solo cambiamenti lessicali volti a specificare meglio il reato (il riferimento a “raduni musicali” e allo “spaccio di sostanze stupefacenti”) e soprattutto l’abbassamento delle pene previste, portandole da uno a tre anni (o in alternativa da due a quattro anni) in modo da non consentire il ricorso a intercettazioni. È probabile, quindi, che l’emendamento su cui Forza Italia punta davvero sia proprio quello sulla Spazzacorrotti, che è “innovativo” rispetto al testo del decreto. Lega e Fratelli d’Italia lo voteranno? Non è escluso, se in cambio gli azzurri offriranno il via libera al resto del provvedimento. E sarà interessante vedere che parere darà sulla proposta il ministero guidato da Carlo Nordio, un iper-garantista che ha vissuto con fastidio l’esordio da “pugno duro” del governo in tema giustizia. Di fronte a un via libera da via Arenula, difficilmente i senatori di Fratelli d’Italia potrebbero opporsi.

La boutade – Tra gli emendamenti depositati da Zanettin ce n’è, infine, un altro che prevede l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del pubblico ministero, che potrebbe soltanto proporre ricorso in Cassazione “per manifesto travisamento od omesso esame di fatti o documenti decisivi”. Si tratta di una storica proposta di Silvio Berlusconi “riciclata” nel corso dell’ultima campagna elettorale. Che ben difficilmente però potrà trasformarsi in legge, perché il tentativo di farlo – nel lontano 2006 – produsse una legge, la legge Pecorella, poi dichiarata illegittima dalla Consulta. Senza contare che un provvedimento del genere – a differenza del dietrofront sulla Spazzacorrotti – non mette affatto d’accordo le tre forze della coalizione.

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