di Francesco Gonella*

All’inizio della 27esima conferenza Cop sui cambiamenti climatici, appare sempre più urgente e improrogabile richiamare l’attenzione sul ruolo devastante delle filiere alimentari della carne in termini di emissioni dirette e indirette. A sottolinearlo non sono (solo) i movimenti ecologisti, quanto le Nazioni Unite, la Fao, l’Ipbes (il corrispondente dell’Ipcc in ambito bio-ecologico) e più in generale la comunità scientifica tutta. Le emissioni indirette in particolare sono legate al consumo di suolo, di acqua e di altre risorse destinate a provvedere al sostentamento dei milioni di animali di allevamento che in Italia vengono ogni anno uccisi senza che vi sia alcun oggettivo bisogno.

Le tradizionali istanze etiche, sanitarie ed ecologiche sul rapporto uomo-animali vanno oggi contestualizzate anche all’urgenza di attivare politiche efficaci per le emergenze climatica ed ecologica. Ma questo aspetto dell’emergenza viene sistematicamente sottaciuto (surrettiziamente o meno) dalle narrative mediatica e politica. E ciò purtroppo avviene anche nei più importanti consessi internazionali, come appunto è il caso di tutte le Conferenze Cop. La delegazione italiana avrà l’occasione, ai tavoli di lavoro della Cop27, di dare un contributo potenzialmente importante alla promozione di politiche adeguate, ad esempio la riduzione drastica dell’allevamento intensivo.

Ma è necessario anche che il nuovo governo si faccia carico di intervenire sulla filiera zootecnica nel nostro territorio, promuovendo una transizione del sistema attuale verso un’alimentazione a base vegetale, sostenendo le grandi e piccole attività in questo passaggio. Questo costituirebbe un’azione di riduzione delle emissioni attuabile e gestibile, sia a livello infrastrutturale sia legislativo, con un’efficacia dimostrata, quantificabile e significativa.

*A nome della Sezione Italiana del movimento internazionale “Animal Rebellion”

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