La fornitura di elettricità da fonti di energia pulita “deve raddoppiare entro 8 anni per limitare l’aumento della temperatura globale”, mentre gli investimenti nelle energie rinnovabili “dovranno triplicare entro il 2050, per portare il mondo su una traiettoria di emissioni nette zero di gas serra entro metà secolo”. L’appello arriva nel rapporto ‘Stato dei servizi climatici 2022’ dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), voce dell’Onu su meteo, clima e acqua. Il report, a cui hanno contribuito 26 organizzazioni internazionali (fra cui Iea, Iaea, Irena, Un energy, Enel foundation, Copernicus-C3s), si concentra sull’energia “perché è la chiave per gli accordi internazionali sullo sviluppo sostenibile”. Se non si raggiungerà questo obiettivo, scrive l’Omm, “il cambiamento climatico, eventi meteorologici più estremi e stress idrico potrebbero mettere a rischio la nostra sicurezza energetica e a repentaglio le forniture di energia rinnovabile”. Anche in Italia: il rischio climatico in aumento, senza interventi incisivi con le rinnovabili, scrivono gli autori, non risparmierà in futuro anche Cortina, dove lo sci potrà essere reso difficile o addirittura impedito dalla neve bagnata. È la previsione elaborata dopo uno stress test nella regione delle Dolomiti che, in realtà, ripropone il tema degli effetti dei cambiamenti climatici sulle economie locali, soprattutto sulle Alpi ed uno dei casi di studio contenuti nel rapporto. In Italia, proprio nei giorni scorsi Elettricità Futura, associazione di imprese che rappresenta oltre il 70% del mercato elettrico italiano, ha lanciato un nuovo appello rivolto ai governatori delle Regioni e ai sindaci dei Comuni mentre, in queste ore, il ministero della Transizione ecologica rivendica che dalla sua costituzione il Governo Draghi ha sbloccato 11 gigawatt (di progetti, però, i cui iter sono partiti in alcuni casi diversi anni fa), la maggior parte dei quali (9,5 GW) verrà messa in esercizio nei prossimi mesi e nel 2023.

Il ‘nodo energia’, cruciali informazioni e previsioni – Il settore energetico “è la fonte di circa tre quarti delle emissioni globali di gas serra. Il passaggio a forme pulite di generazione di energia, come solare, eolico e idroelettrico, e il miglioramento dell’efficienza energetica – spiega il report dell’Omm – sono fondamentali se vogliamo prosperare nel ventunesimo secolo”. Tuttavia, nel biennio 2019-2020, la maggior parte degli investimenti è stata fatta nell’Asia orientale e nella regione del Pacifico (principalmente Cina e Giappone), seguite dall’Europa occidentale e dal Nord America. Nel rapporto si evidenzia anche che le forniture di energia “dipendono molto anche dalle condizioni meteorologiche e sono vulnerabili agli eventi estremi e agli impatti dei cambiamenti climatici”. Sono quindi essenziali previsioni meteorologiche e climatiche accurate: “L’accesso a informazioni e servizi affidabili su meteo, acqua e clima sarà sempre più importante per rafforzare la resilienza delle infrastrutture energetiche e soddisfare la crescente domanda”. E negli ultimi dieci anni si è registrato un aumento della domanda del 30 per cento. Informazioni localizzate sulle risorse eoliche, si spiega nel report, stanno aiutando il processo decisionale dell’industria eolica, mentre le misurazioni della radiazione solare stanno supportando il posizionamento di pannelli solari sulle barriere antirumore in Germania. Non solo: allerte meteo tempestive stanno salvaguardando l’approvvigionamento energetico a Pechino, sistemi di allerta in Tagikistan stanno fornendo un preavviso di condizioni di siccità per la pianificazione delle operazioni idroelettriche e gli stress-test climatici stanno assicurando che l’elettricità sia opportunamente distribuita nelle Dolomiti.

Quale futuro per le Dolomiti – Nell’area, di fatto, è stimato un aumento fino al 6,2% del rischio climatico diretto e del 10,2% del rischio climatico indiretto, in particolare nella provincia di Belluno, tra il 2036 e il 2065. Il caso-studio dell’area alpina esamina i piani di sviluppo e investimento locale per vedere se sono ‘a prova di clima’, valutando il rischio socioeconomico regionale, alla luce dell’evoluzione incerta di quello climatico. Lo stress test si è concentrato sulle quattro principali attività economiche dell’area: turismo, sport invernali, industria dell’occhialeria e fornitura di energia elettrica. I risultati mostrano che “alcune aree presentano combinazioni di rischi multipli a livelli più elevati, da considerate attentamente nella pianificazione”. È il caso delle aree chiave per la produzione di occhiali (Longarone, Sedico, Agordo), dove è incerto il futuro per gli sport invernali. Ancora più rilevante è la combinazione di rischi elevati per il turismo estivo con rischi da moderati ad alti sia per la distribuzione di energia elettrica che per gli sport invernali nell’area di Cortina. Proprio in questi giorni Elettricità Futura si è rivolta a Regioni e primi cittadini italiani affinché intervengano accelerando il rilascio delle autorizzazioni per impianti rinnovabili per almeno 10 GW all’anno, mentre in queste ore il Mite, ricorda che gli impianti entrati in esercizio nel 2021 raggiungevano appena 1,3 GW e nel 2020 non avevano neppure superato gli 0,8 GW e li confronta con i 9,3 che dovrebbero entrare in funzione tra i prossimi mesi e il 2023. Nonostante, però, i 63 provvedimenti emanati dal ministero della Transizione ecologica per 8,2 GW di nuove fonti rinnovabili, restano diversi nodi.

Il ruolo dell’Africa – Un passaggio importante del report è quello dedicato all’Africa che, scrivono gli autori, potrebbe essere uno dei principali attori delle energie rinnovabili, dato che il continente “sta già affrontando gravi effetti dei cambiamenti climatici, tra cui enormi siccità, nonostante abbia la minima responsabilità per il problema”. Eppure ha ricevuto solo il 2% degli investimenti nell’energia pulita negli ultimi due decenni. Il calo dei costi delle tecnologie pulite, prosegue l’Omm, “è una nuova promessa per il futuro dell’Africa”. Per raggiungere gli obiettivi energetici e climatici dell’Africa occorre più che raddoppiare gli investimenti energetici in questo decennio, con un enorme aumento delle risorse destinate a interventi di adattamento. Si stima, infatti, che perché tutti gli africani abbiano accesso all’energia ‘moderna’ occorra un investimento “di 25 miliardi di dollari all’anno, che rappresenta circa l’1% dell’investimento energetico globale di oggi”.

Il problema dell’acqua: dall’idroelettrico al nucleare – Ma l’Africa, altri continenti e la stessa Italia devono sempre più fare i conti con le risorse idriche scarse, che mettono a rischio la produzione di elettricità. “Nel 2020, l’87% dell’elettricità globale generata da sistemi termici, nucleari e idroelettrici – avverte l’Omm – dipendeva direttamente dalla disponibilità di acqua”. Di fatto, al mondo, “il 33% delle centrali termoelettriche che dipendono dalla disponibilità di acqua dolce per il raffreddamento si trovano invece in aree ad alto stress idrico”. Questo vale anche per il 15% delle centrali nucleari esistenti, quota che dovrebbe aumentare fino al 25% nei prossimi 20 anni. Anche l’11% della capacità idroelettrica si trova in aree ad alto stress idrico “e circa il 26% delle dighe idroelettriche esistenti e il 23% delle dighe previste – spiega il rapporto – si trovano all’interno di bacini fluviali che attualmente presentano un rischio medio-altissimo di scarsità d’acqua”. Basti pensare, in Italia, al tracollo dell’idroelettrico dovuto alle scarse piogge invernali. Le centrali nucleari, in particolare, non solo “dipendono dall’acqua per il raffreddamento, ma si trovano spesso in zone costiere basse e, quindi, sono potenzialmente vulnerabili all’innalzamento del livello del mare e alle inondazioni dovute al clima”. La centrale nucleare di Turkey Point in Florida, che si trova al livello del mare, per esempio, sarà minacciata nei prossimi decenni. Ma secondo l’Autorità internazionale per l’energia atomica (Iaea), miglioramenti regolari nelle pratiche operative e l’evoluzione degli obblighi normativi possono ridurre sostanzialmente le perdite di produzione delle centrali nucleari dovute alle intemperie.

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