La scuola è ripartita, per la terza volta in epoca Covid, eppure il piano per un rientro in classe in sicurezza resta ancora “inadeguato“. Nonostante l’esperienza e le evidenze emerse in oltre due anni di pandemia, le misure predisposte dal governo Draghi e dal ministero dell’Istruzione diretto da Patrizio Bianchi rimangono “spesso generiche” e scaricano gran parte della responsabilità sulle scuole stesse, che però non hanno le “necessarie risorse e competenze sanitarie”. È quanto emerge dall’analisi condotta dalla Fondazione Gimbe, che evidenzia le lacune del piano predisposto per l’anno scolastico 2022-23: dalle indicazioni poche chiare sulla valutazione dei sintomi, che viene affidata a genitori e personale scolastico, fino all’ormai noto tema dell’areazione, che praticamente non è stato affrontato. Resta solamente “il ben noto protocollo ‘finestre aperte‘ – commenta amaro il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta – che quest’anno durante la stagione fredda si scontrerà con quello ‘finestre chiuse‘ imposto dalla crisi energetica“. Qual è il rischio? Che a pagare siano alunni e famiglie, con “un impatto rilevante sulla circolazione virale e sulla salute pubblica, ma anche sui giorni di scuola perduti“.

Il tema della riapertura in sicurezza delle scuole “nel vortice della campagna elettorale non ha ricevuto l’attenzione necessaria. Il piano predisposto per l’anno scolastico 2022-23 appare inadeguato”, spiega Cartabellotta. L’analisi Gimbe integra le evidenze scientifiche disponibili con i risultati della survey condotta da Gimbe con l’Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola (Anp), le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, e il “vademecum” inviato dal ministero dell’Istruzione alle scuole e il Dpcm 26 luglio 2022 recante le linee guida su aerazione e qualità dell’aria.

I vaccini – L’analisi pare da una valutazione sull’eccessivo peso dato alle vaccinazioni. Il ruolo dei vaccini nel ridurre la circolazione virale nelle scuole attualmente è modesto nella fascia 5-11 anni per almeno tre ragioni: innanzitutto, l’efficacia nei confronti dell’infezione Covid è inferiore rispetto alle fasce di età superiori. In secondo luogo, l’attuale copertura nazionale con due dosi è del 35,1% con rilevanti differenze regionali. Inoltre, nella fascia 12-19 anni solo il 46,4% ha completato il ciclo con 3 dosi.

I sintomi – Altro punto sono i criteri di sospensione della frequenza scolastica: al di là di alcuni criteri oggettivi (temperatura superiore a 37,5°, tampone positivo) la sintomatologia indicata nel documento dell’Iss come compatibile con Covid, in particolare quella respiratoria, oltre a non essere specifica di infezione da Sars-CoV-2, presenta secondo Gimbe grandi margini di soggettività, anche da parte di un medico o di un pediatra. “La valutazione dei sintomi – spiega Cartabellotta – viene di fatto affidata a genitori e personale scolastico, con impatto imprevedibile sia sull’assenteismo scolastico, sia sulla circolazione del virus”.

La ventilazione – L’altro aspetto analizzato sono gli interventi ambientali: i riflettori rimangono inspiegabilmente puntati sulla sanificazione ordinaria e straordinaria in presenza di uno o più casi confermati, nonostante le evidenze scientifiche dimostrino che meno dell’1% dei contagi è dovuto al contatto con superfici infette. E, a dispetto delle modalità di trasmissione del virus, che avviene quasi esclusivamente per aerosol, non viene raccomandato nessun intervento specifico di aerazione e ventilazione per migliorare la qualità dell’aria, ma solo un generico “ricambio frequente di aria”.

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