Il surriscaldamento climatico ha un drammatico punto di caduta nella rilevazione delle temperature nei due poli terrestri. Simultaneamente. Ci sono zone dell’Antartide più calde con oltre 70 gradi Fahrenheit e aree dell’Artico più calde di oltre 50 gradi F rispetto alla media. Nel primo caso 40 gradi centigradi sopra la media. Le stazioni meteorologiche in Antartide hanno infranto i record venerdì nel periodo in cui la regione si avvicina all’autunno. La stazione Concordia che si trova a 3.234 metri ha registrato a 10 gradi F (-12,2 gradi Celsius), mentre la stazione Vostok (uno dei luoghi più freddo della Terra) è che si trova ancora più in alto ha segnato -17,7 gradi Celsius.

La base costiera di Terra Nova ha segnato 7 gradi. Alcune simulazioni e osservazioni di modelli al computer suggeriscono che le temperature potrebbero essere persino più alte fino a 90 gradi (50 gradi Celsius) sopra il normale in alcune aree. Secondo gli scienziati, questa ondata di caldo che è in atto in Antartide, ha come origine il gran caldo che ha investito il sud America durante la stagione estiva, e che alla fine sta influenzando il clima di quello che il luogo più freddo del nostro Pianeta.

Nei giorni scorsi Copernicus Climate Change Service (C3s), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea ha informato che l’Europa ha registrato un inverno e un febbraio più caldi della media e l’estensione giornaliera del ghiaccio marino intorno all’Antartide ha raggiunto il valore più basso mai registrato durante il mese di febbraio. Il periodo invernale per tutta l’Europa è stato di quasi 1 grado centigrado più caldo della media 1991-2020. L’estensione giornaliera del ghiaccio marino intorno all’Antartide ha raggiunto il valore più basso mai registrato.

Il riscaldamento globale sta erodendo anche le coste delle zone artiche e, se le emissioni di gas serra aumenteranno ancora, si prevede che il ritmo del fenomeno possa raddoppiare entro il 2100, con un’erosione che potrebbe stimata fino a tre metri l’anno come ha ipotizzato, nei giorni scorsi, una ricerca tedesca pubblicata sulla rivista Nature Climate Change e coordinata da David Nielsen, del Gruppo di eccellenza per la ricerca sul clima (Cliccs) dell’Università di Amburgo. Allo studio hanno partecipato l’Istituto Max Planck per la Meteorologia, l’Istituto Alfred Wegener, il Centro Helmholtz per la ricerca polare e il Servizio meteorologico tedesco. I danni che le temperature sempre più calde stanno provocando lungo le coste che si affacciamo sull’Oceano Artico rischiano di diventare una minaccia per le infrastrutture e per la sicurezza delle popolazioni; inoltre l’anidride carbonica imprigionata nel suolo rischia di finire nell’oceano e di incrementare in questo modo la riserva di gas serra che, in un circolo vizioso, finisce per aumentare il riscaldamento globale.

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