“Qui non piove da cinquanta giorni e il Po è in secca come a Ferragosto”. Gianluigi Tacchini coltiva cereali e riso a Santa Cristina e Bissone, un piccolo paese a meno di due chilometri dalla sponda pavese del fiume Po. Ha iniziato quando era piccolo nell’azienda agricola dei suoi genitori e nel corso degli anni ha visto con i propri occhi gli effetti del cambiamento climatico sulla propria terra. Una siccità così lunga in questo periodo non si vedeva da tempo.

“Una volta erano eventi eccezionali – ricorda mentre passeggia sui suoi campi – mentre adesso stanno diventando la normalità e sono sempre più frequenti”. Al Ponte della Becca, in provincia di Pavia, il livello idrometrico del fiume Po è sceso a livelli più bassi di quelli estivi, meno tre metri. Seguendo il corso del fiume la situazione non migliora: a Piacenza, l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po ha registrato una portata di 369 metri cubi al secondo, un valore prossimo alle minime mensili. E nella sezione di chiusura del bacino di Pontelagoscuro in provincia di Ferrara, il valore puntuale rilevato è di 765 metri cubi al secondo cioè -32% sul valore di portata medio.

Ma le anomalie, evidentemente legate ai cambiamenti climatici, non si fermano qui: anche i laghi di Como e Maggiore sono in sofferenza. Il totale della riserva idrica invasata nei grandi laghi, negli invasi artificiali e sottoforma di manto nevoso è infatti diminuito ancora rispetto alla settimana precedente (-5.2%) e oggi registra valori inferiori del -51% rispetto alla media del periodo 2006-2020. A questo scenario si aggiunge la carenza del manto nevoso in montagna. Un valore che viene misurato dal fattore denominato “Snow Water Equivalent” e che su tutto l’arco alpino è prossimo ai minimi storici (-55% rispetto le medie), con punte in alcune zone che toccano -80%. Sono gli effetti del cambiamento climatico che avranno un grande impatto sulla vita di tutti e in particolare di chi con la terra ci vive e ci lavora.

“Se continuerà così sarà un grande danno per tutti gli agricoltori” racconta il presidente della Coldiretti di Pavia Stefano Greppi. La siccità è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana con “danni stimati in media in un miliaro di euro all’anno soprattutto per la quantità e la qualità dei raccolti”. Un allarme che viene rilanciato anche dal Segretario Generale dell’Autorità Distrettuale del fiume Po-MiTE, Meuccio Berselli: “Temiamo che la crisi dello stato idrologico che perdura ormai da diverse settimane, aggravata dalla forte carenza-assenza di precipitazioni nevose, potrebbe rendere piuttosto difficile la stagione primaverile all’agricoltura e all’habitat dell’intero Distretto Padano”. Che fare? Gli agricoltori hanno le idee ben chiare. “Ognuno deve fare la sua parte”. In primis, il governo che secondo i coltivatori dovrà “impiegare i fondi del Pnrr per sostenere i progetti di recupero dei bacini idrici dismessi”. Ma anche chi lavora la terra non può tirarsi indietro. “Dobbiamo cominciare a ruotare le coltivazioni utilizzando anche quelle varietà che hanno meno bisogno di acqua – conclude Tacchini . Solo se tutti lo faremo, potremo mitigare gli effetti del cambiamento climatico”.

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