Bruxelles non vi dirà che non potete vendere la vostra casa se non è ristrutturata e nessun burocrate confischerà la vostra casa se non è ristrutturata. Il patrimonio culturale è protetto e le case estive possono essere esentate”. E fu dietrofront. Presentando la proposta sull’efficienza energetica degli edifici in conferenza stampa, il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha spiegato in italiano che il testo “non contiene alcun divieto di vendita o affitto per gli edifici che saranno qualificati nella classe G, cioè il 15% degli edifici identificati come quelli che hanno la peggiore efficienza energetica nel singolo Paese”. Una risposta alle polemiche dei giorni scorsi. Quello sull’efficientamento degli edifici è uno dei punti del pacchetto complessivo per la lotta al cambiamento climatico, contenuti nel capitolo ‘Energia e clima’, che includerà anche proposte su mercati del gas, emissioni di metano e cattura dell’anidride carbonica. “La proposta – ha detto Timmermans – lascia agli Stati membri la libertà di decidere come far rispettare di preciso lo standard minimo, come già accade in molti Stati”.

La proposta della Commissione – Edifici nuovi a zero emissioni e introduzione graduale di requisiti minimi di efficienza per gli altri, con gli Stati membri chiamati a identificare il 15% del parco edifici (esclusi quelli classificati come storici) con maggiori problemi e a promuovere politiche per la loro riqualificazione dal punto di vista energetico. Sono questi i principali elementi della proposta di direttiva (che andrebbe poi recepita nei rispettivi ordinamenti dagli Stati membri) adottata oggi dalla Commissione Ue e che sarà presentata ufficialmente domani da Timmermans e dalla commissaria responsabile per l’energia Kadri Simson. Stando alla proposta, il 15% del patrimonio edilizio con le prestazioni peggiori di ciascuno Stato membro deve passare, per gli edifici pubblici e non residenziali (uffici, per esempio), dalla classe G dell’Attestato di Prestazione Energetica ad almeno la classe F entro il 2027 e almeno al livello E entro il 2030, mentre per gli edifici residenziali si dovrà passare come minimo alla classe F entro il 2030 e almeno alla E entro il 2033. La ristrutturazione si applicherebbe a 30 milioni di unità. L’Ue metterà a disposizione 150 miliardi di euro da qui al 2030. “Questa attenzione iniziale sulle prestazioni più basse edifici soddisfa il duplice obiettivo di massimizzare il potenziale di decarbonizzazione e di riduzione della povertà energetica” spiega l’Esecutivo Ue. Ma standard minimi di prestazione energetica degli edifici, vuol dire anche lo stop dal 2027 al sostegno alle caldaie a gas ed eliminazione dei combustibili fossili nel riscaldamento al 2040. La Commissione europea propone che a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici debbano essere a emissioni zero, mentre tutti i nuovi edifici pubblici devono essere a emissioni zero già dal 2027. Secondo le indiscrezioni raccolte, le modifiche apportate all’ultimo momento al testo della direttiva avrebbero fatto cadere l’ipotesi di introdurre l’obbligo, per i proprietari, di far salire al proprio immobile un gradino nella classificazione della sua efficienza energetica prima di poter procedere alla vendita. Una possibilità che potrebbe restare comunque nelle mani dei Paesi membri.

Efficientamento necessario degli edifici – Soddisfatti del dietrofront i presidenti di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa e dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona. Ma il processo di ammodernamento energetico degli edifici, ha sottolineato il vicepresidente della Commissione, è stato “troppo lento” e, quindi, deve essere accelerato in tutta Europa, se si vogliono raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica al 2050. “Milioni di europei oggi non riescono a pagare le bollette energetiche: spesso vivono in immobili con sistemi energetici datati. Le persone che vivono in immobili nell’ultima classe energetica pagano molto di più di quanto pagherebbero se l’immobile venisse rimodernato” ha aggiunto parlando nel caso italiano e sottolineando che “un sostegno finanziario sarà sicuramente necessario in molti casi e si potrà ottenere dal governo italiano o dalla Commissione Europea per ridurre la propria bolletta energetica”.

I dati – Secondo i dati della Commissione Ue oggi circa il 75% del patrimonio edilizio dell’Unione è inefficiente dal punto di vista energetico. L’ultimo intervento legislativo, datato 2018, non ha accelerato abbastanza le ristrutturazioni e la maggior parte del parco immobiliare dell’Ue è lontano dall’essere in linea con i nuovi target climatici dell’Unione. In base a calcoli effettuati l’anno scorso dagli esperti di Bruxelles, gli interventi di ristrutturazione dovrebbero riguardare 35 milioni di edifici in tutta Europa. Questo per arrivare a tagliare le emissioni di gas serra del 60%, il consumo finale di energia del 14% e il consumo di energia per il riscaldamento e il raffreddamento del 18% da qui al 2030.

La raccomandazione di Strasburgo sul Superbonus – Tra l’altro, proprio ieri il Parlamento Ue si è espresso sul report d’implementazione della Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, votando a favore di un emendamento, firmato dall’eurodeputata, co-portavoce di Europa Verde Eleonora Evi, affinché le ristrutturazioni previste dal Superbonus 110 non siano solo di facciata, ma funzionali al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e intese soprattutto a beneficio delle fasce più deboli. Una raccomandazione, quella di Strasburgo, che arriva mentre il Parlamento italiano sta discutendo della proroga del Superbonus 110 in manovra. “È quindi chiaro – spiega l’eurodeputata – che bisogna rivedere la misura, introducendo un tetto ISEE per gli edifici monofamiliari e stabilizzandola nel tempo, cioè in modo che possa fare da leva sul settore privato, sull’occupazione e sulla consapevolezza dei cittadini”.

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