È stato considerato a lungo il boss mafioso di Sciacca, popoloso comune portuale in provincia di Agrigento, nonché uno dei fedelissimi del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina. Salvatore Di Gangi, 79 anni, è morto investito da un treno merci a Genova, mentre camminava su un binario ferroviario nella galleria che collega le stazioni di Principe e Brignole. Il cadavere è stato ritrovato sabato, intorno all’ora di cena. La dinamica della morte è ancora poco chiara e per questo motivo la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo ligure ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo. Indagano sia la Squadra Mobile sia la Polfer: l’obiettivo è ricostruire i suoi ultimi spostamenti, per capire cosa è accaduto dall’uscita dal carcere fino all’arrivo a Genova. Il pubblico ministero Federico Manotti ha disposto anche l’autopsia. Di Gangi aveva in tasca un biglietto ferroviario per una città del Sud.

Fino a poco fa era rinchiuso in carcere ad Asti, dove stava scontando una condanna a 17 anni per associazione mafiosa inflittagli con rito abbreviato nel processo “Montagna” sui clan dell’Agrigentino. La corte d’Appello di Palermo, però, aveva deciso di recente di scarcerarlo sulla base di una perizia medica che ne attestava deficit cognitivi. Nato a Polizzi Generosa, nel palermitano, Di Gangi era un ex dipendente bancario poi, era diventato costruttore edile, coinvolto in diverse vicende giudiziarie. Lo scorso ottobre, insieme al figlio Alessandro e ad altre sei persone, aveva ricevuto l’ultimo avviso di garanzia nell’ambito dell’indagine sull’hotel confiscato Torre Macauda di Sciacca, di cui era accusato di aver ripreso il controllo tramite una società a lui riconducibile.

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