È l’appuntamento elettorale più importante dal 2019, da quelle elezioni che segnarono il trionfo dei conservatori di Boris Johnson, leader Tory e primo ministro. Da allora però la politica britannica è stata scossa da – almeno – due eventi che hanno cambiato il corso della storia del Regno: il primo, già certificato dal referendum del 2016, che è il divorzio dall’Unione europea e il secondo, del tutto imprevedibile e inaspettato, che è la pandemia Covid-19, sulla quale il governo ha saputo cambiare marcia per arrivare a metter in campo una delle più efficienti campagne vaccinali del mondo. A complicare il destino del premier c’è anche il ‘wallpaper gate’, lo scandalo relativo ai lussuosi lavori di restyling nell’appartamento privato del premier a Downing Street, che rischia di compromettere la riconferma del “red wall”, le città fortino dei Labour del nord dell’Inghilterra, Midlands e Galles che due anni fa Johnson aveva strappato ai rivali.

Al Super Thursday del 6 maggio, dove sono chiamati alle urne dalle 7 alle 22 circa 48 milioni di cittadini, si vota per le amministrative nel Regno Unito (incluso per il sindaco di Londra, anche se la rielezione del laburista Sadiq Khan è considerata da tempo scontata) e per le suppletive per la Camera a Hartlepool, e si rinnovano i parlamenti in Galles (dove il Labour deve difendere la sua tradizionale maggioranza relativa) e Scozia, che con la vittoria degli indipendentisti – come prevedono i sondaggi – vede avvicinarsi il secondo tentativo di referendum per la secessione dal Regno Unito, dopo quello fallito del 2014.

Il 29 aprile – all’indomani della notizia dello scandalo e relativa inchiesta sulla ristrutturazione dell’appartamento a Downing StreetYouGov dava i conservatori stabili al 44%, con addirittura 11 punti in più dei rivali laburisti di Keir Starmer, in lieve calo al 33. In pratica un punto oltre quanto indicato dallo stesso centro demoscopico una settimana prima e 2 in più dei 9 di gap bastati alla formazione di BoJo per stravincere le politiche di fine 2019 sul Labour guidato allora da Jeremy Corbyn.

Un più recente sondaggio del Sunday Times, invece, analizza il gradimento per il premier nelle città del “red wall” che alle elezioni generali di dicembre 2019 spinsero Johnson verso Downing Street: al giornale risulta che il Labour sia al 45% mentre i Tory al 44% nelle intenzioni di voto. E anche su scala nazionale, il quotidiano dà il Labour appena di un punto dietro ai Tory, 40 contro 39% (il resto dei votanti si schiera al 6% con i LibDem e al 4% con Verdi). Non è un bel segnale per il premier che, fino a poche settimane fa, con il vento in poppa per la vittoriosa campagna di vaccinazione contro il Covid-19, era saldamente in testa. Il sondaggio del Sunday Times rivela che il 32% degli elettori del ‘red wall’ è oggi meno propenso a votare per i conservatori rispetto a un mese fa, evidentemente perché avverte un certo squallore intorno alla vicenda.

Resta comunque il picco di consensi nazionali complessivi ai Tories, confermato l’ultima settimana di aprile agli stessi livelli pure da altri due istituti; mentre solo Ipsos-Mori, in un’indagine condotta peraltro prima delle ‘rivelazioni contro Johnson sulla ristrutturazione di Downing Street, indicava a metà dello scorso mese il partito di governo in calo, con un ipotetico scarto sull’opposizione laburista ridotto a 3 punti.

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