di Paolo Dagnino

Alla luce dei comportamenti adottati da quasi tutte le Regioni italiane nelle persone dei loro Presidenti in relazione alla pandemia Covid, cominciano a schiudersi nuovi scenari e nuove riflessioni sulla loro reale funzione, se non addirittura sulla loro stessa ragion d’essere.

Nella versione cartacea de Il Fatto Quotidiano del 2 novembre scorso, proprio in testa alla prima pagina si leggeva: “Quando sarà tutto finito (in riferimento al Covid), non si potrebbero abolire le Regioni? Chi lo farà avrà la gratitudine di molti italiani”.

Si tratta certo di una domanda tanto allettante quanto provocatoria. Allettante perché lo spettacolo offerto da quasi tutti i presidenti di Regione in questo drammatico frangente di pandemia è stato nelle migliore delle ipotesi deplorevole, oltreché irresponsabilmente conflittuale col Governo centrale. Provocatoria perché un provvedimento tout court di abolizione delle Regioni non è certo possibile senza fare i conti niente meno che con il dettato della nostra Costituzione.

Ciononostante è altrettanto certo che una imbarazzante situazione come quella attuale non potrà più essere tollerata. A tal proposito si dovrà far attenzione a non buttare via il bambino insieme con l’acqua sporca.

Le Regioni sono state pensate allo scopo di costituire un’articolazione dello Stato all’insegna di un ragionevole decentramento, pur in presenza di evidenti differenze tra regioni e regioni. Questo proposito è da apprezzare senza buttare via niente. Ciò che è ormai diventato necessario è ripensare le funzioni delle Regioni, apportando modifiche che riguardino la ridefinizione di ambiti e materie (sanità soprattutto, ma non solo) nonché la rimodulazione dei loro ruoli, della loro autonomia e quindi anche dei loro poteri, allo scopo di riconsegnare allo Stato il suo ruolo di regia e la sua autorevolezza.

Per poter operare in questa direzione si rende altrettanto necessario porre tutte le Regioni su uno stesso piano di dignità amministrativa, abolendo gli statuti speciali che agli occhi di gran parte dei cittadini italiani appaiono sempre più come immotivati privilegi.

Affinché le Regioni acquisiscano quella funzione di articolazioni dello Stato che costituivano il vero obiettivo della loro istituzione, si rende indispensabile un passo indietro dei partiti che le hanno gestite fino ad oggi, facendole di fatto diventare articolazioni ad uso e consumo di se stessi e trasformandole in centri di potere funzionali ai loro soli interessi di parte, molto spesso in aperto contrasto con i reali bisogni dei cittadini.

Quello di far diventare le Regioni organismi istituzionali al servizio dei cittadini, anziché organismi partitici al servizio di interessi particolari, è un obiettivo davvero impegnativo e ci sarà bisogno dell’apporto delle migliori menti e delle migliori disinteressate volontà di cui il paese certamente dispone.

Solo così si potrà arginare la deriva delle partigianerie, dei protagonismi e degli egoismi (denunciata pochi giorni or sono dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) ponendo al contempo fine a siparietti, personalismi e compulsive comparsate mediatiche offerti da riottosi e spesso impresentabili presidenti di Regione, esclusivi promotori di se stessi.

Coraggio, si può fare.

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