Pochi giorni dopo il referendum sul taglio dei parlamentari, la Camera dei deputati inizierà la discussione sui correttivi previsti dalla cosiddetta legge Fornaro (modifiche alla base regionale del Senato e sistema di elezione del capo dello Stato) e sulla nuova legge elettorale. La decisione, anticipata nelle scorse ore dal via libera al pacchetto di riforme dalla commissione Affari costituzionali, è arrivata dalla Conferenza dei capigruppo che si è riunita oggi per stabilire il calendario dei lavori. Le date da segnare quindi sono due: il 25 settembre per le modifiche alla Costituzione – chieste a gran voce dal segretario dem Nicola Zingaretti in cambio del Sì del suo partito – e il 28 settembre per il cosiddetto Germanicum, cioè il proporzionale frutto dell’accordo tra i partiti di maggioranza risalente a un anno fa. Subito dopo, tra il 29 settembre e il primo ottobre, partiranno le votazioni sugli emendamenti. “Il governo non scricchiola” ma “adesso che è stata fissata una data per la legge elettorale, tutti i partiti siano trasparenti nel votare e nel sostenere il Sì al referendum” sul taglio ai parlamentari, ha commentato in serata Luigi Di Maio. “Ci saranno quelli che sosterranno il No ma chi sostiene il Sì adesso lo faccia in maniera trasparente perché non ci sono più scuse”.

Segnali di apertura erano arrivati poco prima dai dem. “Siamo molto soddisfatti per la calendarizzazione della legge elettorale e della legge Fornaro, dopo che anche il Senato ha calendarizzato la legge con il voto ai diciottenni per il Senato”, ha commentato il capogruppo del Pd a Montecitorio Graziano Delrio. “Chiedevamo una accelerazione sulle riforme e l’accelerazione c’è stata, quindi il patto della maggioranza sulle riforme tiene”. Ora, ha aggiunto l’ex ministro, “possiamo andare avanti con un disegno più ampio, con l’introduzione della sfiducia costruttiva e dei poteri del presidente del Consiglio di nominare e revocare i ministri”. Parole che lasciano trapelare quale potrebbe essere la posizione della segreteria del Nazareno alla direzione fissata per il 7 settembre: all’ordine del giorno c’è infatti il via libera finale al Sì (o al No) del partito al referendum.

Il primo testo che i parlamentari saranno chiamati a valutare è quello che porta la firma del deputato di Liberi e uguali Federico Fornaro. Prevede innanzitutto di modificare l’articolo 57 della Costituzione per eleggere i senatori “su base circoscrizionale“, anziché su base “regionale”, con l’obiettivo di impedire che le Regioni più piccole abbiano troppo pochi candidati (e quindi poca rappresentanza dei partiti minori) rispetto a quelle più grandi. Poi c’è la modifica all’articolo 83 della Carta, cioè quello che riguarda l’elezione del capo dello Stato. Attualmente avviene in seduta comune ogni sette anni e al voto partecipano anche tre delegati per ogni Regione. La maggioranza che sostiene il governo Conte vuole abbassare il numero dei delegati a due, in modo tale da bilanciarne il peso rispetto al nuovo Parlamento. L’obiettivo di entrambi i provvedimento è quello di risolvere i presunti problemi di rappresentanza scaturiti dal taglio dei parlamentari (su cui insiste da settimane il Comitato del No).

La riforma più delicata è invece quella del sistema elettorale. Prima della pandemia la maggioranza composta da Pd, M5s, Liberi e uguali e Italia Viva aveva stretto un accordo per l’introduzione di un proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento. Il progetto, ribattezzato Germanicum perché ispirato alla legge in vigore in Germania, porta la firma del pentastellato Giuseppe Brescia. L’iter doveva ripartire lo scorso luglio, ma i renziani hanno posticipato tutto votando con il centrodestra. Poi nei giorni scorsi è arrivata un’apertura dal capogruppo di Iv in commissione, Marco Di Maio: “Per noi la legge elettorale non è la priorità. Lo sono le scuole che devono riaprire e su cui ancora c’è una totale incertezza. Ma le condizioni sono cambiate rispetto a luglio. Noi siamo disponibili a dialogare“.

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