Mario Rausa si è dimesso da assessore comunale di Rende allo Sport e al Benessere del cittadino. Erika Crispo, della Rai Calabria, racconta l’insana gestione (privata) del parco acquatico della città, intitolato a santa Chiara d’Assisi, madrina delle Clarisse. Nei suoi servizi la cronista documenta paradossi e vergogne della struttura: stipendi e fornitori non pagati, lavoro nero e, in pieno lockdown, il frizzante brindisi del giovane Andrea Rausa, rampollo del politico dimissionario, sdraiato con la propria fidanzata davanti alla piscina dell’impianto. “Yes we can”.

Il tg della Rai regionale riproduce il filmato, che il ragazzo aveva pubblicato con orgoglio su Facebook, mentre Crispo mostra inutilizzo e carenze del parco, accompagnata da un personaggio in cerca d’autore. Si tratta del responsabile tecnico Tonino Vivacquanel giugno 2019 tra i candidati non eletti del futuro sindaco Marcello Manna –, che poi la insulterà e minaccerà per telefono: “Erika, sei una testa di cazzo, non sai con chi hai a che fare, ti sbudello, ti distruggo“. In seguito il Comune di Rende avvierà la rescissione del contratto, sottoscritto l’anno scorso con l’aggiudicataria del bando, Parco Acquatico Santa Chiara 4.0. Troppo rumore e sdegno pubblico, per minimizzare e passarci sopra.

“Il Progetto del Parco Acquatico-Sportivo Santa Chiara – si legge nel business plan – si configura all’interno dei Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (PISU) previsti dal POR Calabria FESR 2007/2013″ e determinerà “incremento occupazionale, rivalutazione dell’aera urbana, sviluppo dell’economia locale e servizi di qualità per il benessere dei cittadini”. L’opera è costata “quasi 20 milioni di euro”, denuncia il deputato M5S Alessandro Melicchio. È una sorta di oasi che dovrebbe costituire l’alternativa pubblica allo svago collettivo in un vicino centro commerciale, diventato da anni il non luogo dello struscio cittadino.

PARCO ACQUATICO DI RENDE: ARRIVA LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO

Dopo gli incredibili episodi capitati alla giornalista Erika Crispo, finalmente il Comune di Rende si è svegliato ed il Sindaco Manna ha appena annunciato la risoluzione del contratto con la società che gestisce il Parco Acquatico "a causa del reiterarsi di fatti, comportamenti e atteggiamenti incompatibili con le finalità della concessione stessa". Se ne sono accorti con notevole ritardo, ma sono comunque soddisfatto che si sia arrivati a quello che io e tanti altri abbiamo chiesto a gran voce. Il danno d'immagine per tutta la città di Rende è gravissimo, purtroppo, come potete vedere anche in questo video, e soprattutto sono preoccupato per i lavoratori, che non si sa quando e come verranno pagati. Ma tutte le vostre proteste sono servite a far compiere un primo, se pur tardivo, passo al Comune ed è una buona notizia.

Gepostet von Alessandro Melicchio am Dienstag, 16. Juni 2020

Il parco garantisce una dimensione ludica, esotica, “antiossidante”, moderna: con “un lago artificiale navigabile, una piscina balneabile all’aperto, una spa con annessa piscina, un campetto da gioco polivalente (calcio, basket, tennis e pallavolo)”. All’interno ci sono altri passatempi: “un ristorante, una tecnotown, un auditorium, un’area giochi per bambini, un campetto da miniaturgolf, una pista di pattinaggio, diversi spazi verdi, un teatro all’aperto e un’area comune di ritrovo, comprensiva di bar”. L’analisi economico-finanziaria prevede, per il quarto anno di attività, il raggiungimento dell’equilibrio finanziario e un “risultato netto di esercizio di +549.542” euro, ma Crispo riassume: “La struttura non è mai entrata in funzione”. Concessa per 18 anni, la gestione del parco acquatico doveva, figura nel capitolato d’appalto, “favorire gli interessi generali della collettività in materia di attività sportiva e ricreativa; riconoscere quali attività sportive, ricreative e sociali di primario interesse pubblico le attività motorie a favore dei disabili e degli anziani, l’attività sportiva per le scuole e per la cittadinanza”. Parole, soltanto parole, avrebbe chiosato Mina.

La storia si è consumata a Rende, che vanta l’università-campus progettata da Vittorio Gregotti, nata su impulso di Beniamino Andreatta e grazie al contributo di Paolo Sylos Labini al recupero culturale, economico e sociale del Mezzogiorno. Rende è attaccata alla Cosenza di Bernardino Telesio e del discusso ponte di Santiago Calatrava, emblema di una progressiva gentrificazione con cui la politica ha provato a nascondere i segni urbani della povertà, le immagini di un proletariato locale che divide spazi e isolamento con rom della zona. La vicenda riunisce le tipicità della provincia italiana, spesso descritte nei libri di Cesare Fiumi, e i contrasti di un Sud periferico che vive di apparenza, eccessi, degrado. Nello stesso periodo, in 90 secondi i consiglieri regionali della Calabria hanno deliberato all’unanimità un vitalizio universale, anche per quelli rimasti in carica per un solo giorno, annullando la decisione a scandalo esploso. Nel contempo la Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ha chiuso le indagini della poderosa inchiesta anti ‘ndrangheta Rinascita Scott: con 479 indagati, tra cui faccendieri, già parlamentari e un ex vicepresidente della Regione.

La Calabria sembra essere un mondo a sé, un corpo staccato dall’Italia, una regione impossibile da salvare, da liberare dal malcostume, dalla corruzione, dalla “didattica” quotidiana dello sfruttamento familistico delle risorse pubbliche e del bene comune. Per questa terra – che ha bellezze e intelligenze svilite, un’emigrazione inquietante e la sanità massacrata da clientele e ruberie permanenti – il governo deve investire con coraggio enormi energie politiche, prima che montagne di denaro. L’emergenza culturale, economica e sociale della Calabria ha bisogno di nuovi Andreatta, di nuovi Sylos Labini. Magari, stavolta, del posto.

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