Intanto continuiamo a leggere titoli come “Eni e Snam, campioni al futuro” (Corriere, 10 giugno), basati sulla classifica “Future Italia Top 100” che elenca le migliori aziende italiane per “comunicazione della sostenibilità” realizzata tramite “contenuti di sostanza”. L’argento ex aequo va ad A2A, Generali, Gruppo Hera, Prysmian, Terna e Tim, mentre sul gradino più basso del podio si affollano Autogrill, Cnh Industrial, Enel, Erg, Intesa Sanpaolo, Italgas, Luxottica, Moncler, Mondadori, Sisal, StM. Ma chi attribuisce queste medaglie? Una società di consulenza che si chiama Lundquist, chiarisce l’articolo. Manca un dettaglio (che dettaglio non è): la stessa Lundquist è stata pagata negli anni proprio da Snam, Telecom Italia, Deutsche Bank, Reale Mutua, Hera, Terna, Sisal, Generali, Diasorin, Mediobanca, Yoox Net-a-Porter, Mondadori, Saras, Italgas, Moncler, Prysmian e altre imprese per realizzare progetti di comunicazione aziendale sui temi della sostenibilità. Del resto l’occhio di riguardo non vale solo per Eni. Basta ricordare, nell’agosto 2018, i generalizzati salti mortali per non collegare la famiglia Benetton, principale azionista di Autostrade per l’Italia, attività assai più grigia che verde, al crollo del Ponte Morandi a Genova con i suoi 43 morti.

Così come fa pensare il trattamento riservato dal Corriere a un rapporto che sancisce quanto vanno dicendo unanimemente da tempo gli esperti di emissioni a effetto serra: il traffico aereo ne è fra i maggiori responsabili. Il 19 settembre, il Corriere dà spazio a un rapporto dell’International Council on Clean Transportation (Icct, lo stesso che ha scoperchiato il Dieselgate), secondo il quale “gli aerei stanno inquinando di più e più velocemente (del 70%) di quanto previsto dalle Nazioni Unite“. E ancora, “dal 2013 al 2018, calcolano i tre autori, l’anidride carbonica rilasciata in aria dai velivoli di ogni tipo è cresciuta del 32%, fino a triplicare entro il 2050″. Il ministro dell’Ambiente propone di tassare i voli (da un euro a un euro e mezzo a tratta), ed ecco che il 22 settembre lo stesso Corriere propone un dossier di produzione propria che smussa l’allarme. I dati dell’Icct, si legge, “rischiano di travisare la realtà”. Perché, “in base alle elaborazioni del Corriere, dal 1990 al 2018 le compagnie aeree hanno rinnovato la flotta con velivoli più efficienti. Risultato: nel 1990 ogni viaggiatore imbarcato ha emesso in media 529 chili di diossido di carbonio, calati a 209,7 nel 2018: -60% in 28 anni”. Un’ovvietà – difficile trovare un mezzo di trasporto più inquinante oggi rispetto al 1990 – che finisce per sgonfiare un’allarme sgradito alle aziende del settore.

Quella dei trasporti è naturalmente una frontiera delicata, dato il loro peso nel riscaldamento globale, ma anche sui budget pubblicitari dei media. Così trova una facile ribalta il presidente di Fca John Elkann, che il 28 giugno dichiarava di aver così tanta fiducia nella generazione in rivolta contro il clima da ipotizzare che “da qui a 25 anni la stessa Greta potrebbe far parte di una delle prime 100 aziende del mondo e occuparsi concretamente da quella posizione di ambiente”. Intanto Fca riempie l’Italia di massicce Jeep Renegade ed è incappata in multe milionarie con la storia dei dati truccati sui diesel negli Usa e in Europa.

INDIETRO

Cambiamenti climatici? Tutti green ma solo a parole. Ecco come media e politici pompano l’ambientalismo, ma nascondono notizie scomode ai grandi inquinatori

AVANTI
Articolo Precedente

Fridays for future, centinaia di scarpe davanti al Comune di Torino per la Giornata dell’ambiente: “Dopo virus si cambi modello economico”

next
Articolo Successivo

Clima, Luca Mercalli sul Gran Paradiso per Sono le Venti (Nove): “Con estate calda perdiamo parte del ghiacciaio, CO2 mai stata così alta”

next