Dunque, che le scuole avrebbero riaperto il 16 settembre lo si sapeva da gennaio, giusto? Eppure, quando dopo tre mesi di fatiche e spese abnormi tra centri estivi e vacanze (non è forse la prima cosa che dovrebbe fare il Miur, quella di abbreviarle?) finalmente sia i genitori che i bambini si sono recati puntuali alla loro scuola – in questo caso parliamo della scuola primaria in zona Parioli/Flaminio -, è stato loro impedito l’accesso a causa di ruspe, recinzioni (quelle arancioni, ormai elemento portante dell’architettura urbana) e voragini distribuite lungo l’intera Via Venezuela, strada sulla quale affacciano anche un liceo classico, due nidi e una scuola materna.

Per “migliorare e mettere in sicurezza il sistema di accessibilità alle scuole”, si è deciso di avviare i lavori di adeguamento del marciapiede giovedì 12 settembre! E va bene, si dicono i genitori, che importa qualche rumore e polvere di ruspa, una via sventrata, non avere alcuna possibilità di parcheggiare per accompagnare i propri figli al loro primo giorno di scuola, che importa, accontentiamoci, in fondo finalmente “ci” stanno rifacendo il marciapiede!

Vergognatevi ! #ComunediRoma, #MunicipioIl, #DirigentiScolastici #Raggi #DelBello #Gisci #Giovannelli #MariaPiaNuccitelli #MaddalenaGattinara Voi dovreste insegnare ai nostro figli ad essere cittadini ??

Pubblicato da Villaggio dei Bambini su Domenica 15 settembre 2019

Santificati da tanta comprensione e pazienza si torna a parcheggiare dunque sotto casa, si va a piedi a scuola, e dopo aver attraversato voragini e inferriate finalmente si entra… ma dal portone secondario, quello che apre sulla mensa scolastica. Ed è lì che ci viene riservata la sorpresa più gradita. Il vialetto che porta dalla mensa all’entrata delle aule (quello che i bambini percorrono almeno quattro volte al giorno) è arricchito, sul lato sinistro, da un continuum di arbusti, erbacce e rifiuti abbandonati, inframmezzati da qualche tubo sporgente, mentre sul lato destro l’installazione comprende una fila ininterrotta di cartoni artisticamente cosparsi da un nauseabondo e insano guado di escrementi di piccione.

Se ci si volta verso destra poi si possono scorgere, per stimolare il quadro, anche alcuni operai intenti a montare, sempre di lunedì 16 settembre mattina, un nuovo campetto anti-trauma finalmente in essere dopo lunghi anni di trafile che, ad occhio, costa un terzo di quanto predisposto da capitolato.

L’affollamento all’entrata è notevole, l’atmosfera un misto di eccitazione, tensione e scoramento, e mentre in attesa della fatidica campanella ci si abbassa per ingoiare il rospo si nota quel tappetino, come si dice, lo zerbino ecco, di ingresso alla scuola, quelli che nei grandi magazzini si trova in offerta a 20 euro, che è lì lercio, consumato, ferito ormai da troppi anni e ci si chiede, sempre fra sé e sé per non rovinare il roseo clima: “ma con tutte le raccolte di beneficenza che si sono fatte con entusiasmo e fatica nel corso di questi anni a scuola, è possibile che nessuno abbia avuto il cuore di cambiarlo?”. Così, tanto per dirne una.

Allora si fa il solito post Facebook, si telefona alla presidente del municipio, si discute con i membri dell’associazione di quartiere alla quale si sono regalati tanti anni nel tentativo di cercare di migliorare le cose, e quando finalmente si è riusciti a rimettere testa al proprio lavoro, ecco che i figli al ritorno ti raccontano che lo spazio esterno – quello non coperto dal nuovo campetto anti-trauma, quello che è lo spazio maggiore (ovviamente) dove loro giocano a ricreazione – è talmente ricoperto da bacche e foglie che numerosi bambini giocando vi sono ripetutamente scivolati. E meno male che lì non c’erano le cacche di piccione, o meglio, che fino a lì non abbiamo avuto la fortuna di guardare.

Di chi è la responsabilità di tutto questo? Ma naturalmente è ben distribuita (come le competenze): un po’ del Comune, un po’ del municipio, un po’ della dirigenza scolastica, un po’ dei gestori della mensa, un po’ dei rappresentanti dei genitori, un po’ dei genitori stessi. Ma, attenzione, non mia, no! Non voglio che lo sia, mia, ed è per questo che è due giorni che me ne occupo. Oggi saprò se davvero “quelli dell’impresa” sono andati a pulire e quanto tempo potrò finalmente tornare a dedicare al mio lavoro, e non solo alla mia cittadinanza.

Perché è questo il punto, quanti di noi sono disposti a perdere il loro tempo prezioso in cittadinanza pretendendo che i beni comuni (non solo i propri) vengano gestiti responsabilmente? Io sì, e nonostante la fatica (spesso anche degli altri nei miei confronti), continuerò orgogliosamente a farlo. Per fortuna non sono la sola.

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