Immaginiamo che sia il 27 maggio e che i Verdi fossero (come pare molto probabile stando ai sondaggi) determinanti per una maggioranza forte al Parlamento europeo. Immaginiamo che siano diventati l’ago della bilancia della coalizione parlamentare creata per costruire una nuova Europa insieme a chi crede nella giustizia sociale e in un futuro economicamente sostenibile. Creata per scrollare gli europei da un detestato status quo. Quale sarebbe quindi la prima riforma che i Verdi proporrebbero? Ce ne sono varie, ma se dovessi scegliere oggi direi quella della fiscalità.

Noi Verdi vogliamo una tassazione moderna, giusta per tutti, senza la quale populismi e sovranismi pericolosi continueranno a raccogliere la rabbia e la disperazione delle classi medie e proponiamo misure efficaci che ci aiuteranno a ottenerla. Quando parliamo di fiscalità moderna abbiamo l’idea chiara di spostare le tasse dal lavoro alle fonti fossili e inquinanti, aumentando perciò le risorse per le politiche sociali e climatiche a livello europeo.

Innanzitutto è importante mettere fine al riciclaggio di denaro che finanzia le attività illecite tramite la creazione di una vera forza di polizia finanziaria europea. Poi bisogna spingere per una maggiore equità fiscale: l’Europa in questo può fare la differenza, per esempio i paradisi e le agevolazioni fiscali che esistono all’interno dei nostri confini, in Paesi come l’Olanda, l’Irlanda, il Lussemburgo e il Belgio, e non permettendo ai ricchi extra-Ue di acquistare la cittadinanza tramite lo schema dei “visti d’oro” per fini spesso illeciti, come succede a Malta.

Dobbiamo anche rafforzare le leggi per evitare che intermediari risultino fondamentali nell’aiutare i clienti a eludere gli obblighi fiscali. Le lobby di uffici legali e consulenze devono essere costrette a maggiore trasparenza e a regole più chiare.

Un altro punto fondamentale che la prossima Commissione non potrà ignorare è quello della trasparenza fiscale sulle imposte pagate dalle multinazionali: sia perché le aziende con sedi in più Paesi riescono oggi a spostare indisturbate gli utili da un Paese all’altro in modo da pagare il meno possible, sia perché non esiste una tassazione minima uguale ovunque in Europa. Noi la vogliamo introdurre per mettere fine alla competizione al ribasso tra stati che pesa sulle spalle dei cittadini più poveri.

Infine, due misure saranno il nostro cavallo di battaglia a Bruxelles. La prima è quella che costringerà le società digitali a pagare le tasse: è ora che il sistema fiscale si adatti alle necessità del nuovo millennio. La seconda invece mira a utilizzare il sistema fiscale per sostenere la transizione ecologica ormai non più rimandabile. Occorre introdurre un prezzo adeguato sulla CO2 in tutta l’Unione (fatto oggi, procurerebbe ben 100 milioni di euro) e tasse ancora più pesanti sui voli aerei, il metodo di trasporto più inquinante.

Anni fa un ministro italiano, Tommaso Padoa Schioppa, disse che le tasse erano bellissime: fu sommerso da critiche. Ora, Padoa Schioppa aveva ragione, ma avrebbe dovuto precisare meglio quali tasse e per farne cosa: tassare in maniera adeguata chi inquina e chi approfitta delle falle dell’integrazione europea per guadagnare decisamente troppo.

È una questione di giustizia sociale e ambientale: una fiscalità equa è uno strumento indispensabile per finanziare alla svelta la transizione ecologica che, come sono ormai convinti milioni di cittadini in tutta Europa (e in tutto il mondo), ormai non può più aspettare.

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