“L’esposizione a erbicidi a base di glifosato (GBH), incluso il Roundup, quello più usato al mondo, ha causato diversi effetti sullo sviluppo e il sistema riproduttivo in ratti sia maschi che femmine, anche con dosi attualmente considerate sicure negli Usa”. È questo l’ultimo risultato a cui è giunta la fase pilota dello studio globale sul diserbante condotto dall’Istituto Ramazzini e da una rete di partner scientifici tra cui l’Università di Bologna, l’Ospedale di Genova San Martino, l’Istituto Superiore di Sanità, la Icahn School of Medicine del Monte Sinai di New York e la George Washington University. Della ricerca parla il quarto di una serie di articoli pubblicati dalla rivista Environmental Health sulla fase pilota dello studio. I primi risultati sulla possibilità “di alterare alcuni parametri biologici di rilievo” come quelli riproduttivi e del microbioma intestinale, infatti, erano già stati presentati il 16 maggio 2018 al Parlamento europeo insieme al Gruppo dei Verdi e poi pubblicati in altri tre articoli dalla stessa rivista. Se le precedenti pubblicazioni scientifiche hanno mostrato che l’esposizione a GBHs è associata a diversi effetti avversi, inclusa l’alterazione del microbioma dei ratti durante il periodo dello sviluppo, in particolare prima della pubertà, negli ultimi mesi le ricerche si sono concentrare proprio sullo sviluppo sessuale.

Lo studio pilota – I 300mila euro per lo studio pilota sono stati raccolti grazie ai soci dell’Istituto Ramazzini. La ricerca, che costituisce la base per un successivo studio integrato a lungo termine, mirava a ottenere informazioni generali sulla tossicità degli erbicidi a base di glifosato durante diversi periodi dello sviluppo (neonatale, infanzia, adolescenza) e ad identificare precoci marker espositivi. Il glifosato e un suo formulato (il Roundup Bioflow, MON 52276) sono stati testati su ratti Sprague Dawley, a partire dalla vita embrionale fino a 13 settimane dopo lo svezzamento, esposti a una dose di glifosato in acqua da bere equivalente alla dose giornaliera accettabile nella dieta secondo l’Agenzia per la protezione dell’ambiente.

Gli effetti del glifosato sui ratti – Il glifosato e il suo formulato Roundup hanno mostrato effetti avversi per lo sviluppo e il sistema riproduttivo anche a dosi sicure, come la dose giornaliera ammissibile (Dga) attualmente consentita negli Stati Uniti (anche per i bambini), pari a 1,75 microgrammi al chilo di peso corporeo. “Bisogna però tenere conto – spiega a ilfattoquotidiano.it Daniele Mandrioli, ricercatore dell’Istituto Ramazzini – che in Europa la Dga è fissata invece a 0,5 mg/kg. Da qui la necessità di procedere con gli studi per verificare se gli effetti finora osservati, siano riscontrabili anche con dosi minori, come quella consentita in Europa”. L’esposizione al glifosato è stata associata, in particolare, ad alcuni effetti androgeno-simili, incluso un aumento statisticamente significativo della distanza tra ano e genitali (AGD) sia nei maschi sia nelle femmine, oltre a un ritardo nel primo estro e un aumento del testosterone nelle femmine. “La distanza tra ano e genitali – aggiunge Mandrioli – è un parametro significativo per valutare le sostanze che agiscono come interferenti endocrini già a livello prenatale e sono in grado di alterare il normale sviluppo del feto”. L’aumento di testosterone nelle femmine con effetto “mascolinizzante” indica che l’equilibrio ormonale normale è stato alterato verso “un aumento di quei caratteri più tipici del maschio”. Si tratta di effetti misurati su entrambi i sessi, ma che risultano più evidenti nelle femmine. “Uno studio a lungo termine sui GBHs a partire dalla vita prenatale è ora necessario per confermare e esplorare le prime evidenze sulle alterazioni endocrine e sullo sviluppo emerse nello studio pilota” dichiara Fiorella Belpoggi, direttrice dell’area ricerca del Centro per la ricerca sul cancro ‘Cesare Maltoni’ dell’Istituto Ramazzini.

Il glifosato, l’incertezza sull’erbicida più usato – Il glifosato è l’erbicida più usato della storia: 8,6 miliardi di chilogrammi di erbicidi a base di glifosato sono stati utilizzati nel mondo a partire dal 1974. L’uso di glifosato è inoltre aumentato di 15 volte a partire dall’introduzione delle coltivazioni geneticamente modificate, nel 1996. Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) lo ha classificato come “probabile cancerogeno per l’uomo”. Eppure per l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) è improbabile che il glifosato rappresenti “un pericolo cancerogeno per l’uomo”, mentre l’Agenzia europea per la chimica (Echa) ha affermato che “le evidenze scientifiche disponibili non soddisfano i criteri necessari per classificare il glifosato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione”. È attualmente in corso una valutazione del glifosato da parte dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa). “L’incertezza scientifica che circonda il glifosato e i GBHs – spiega l’Istituto Ramazzini – ha inoltre determinato un’incertezza politica, come dimostrato dal rinnovo limitato a 5 anni della licenza per il glifosato che è stato concesso nel novembre 2017 dagli Stati Membri dell’Unione Europea”.

La campagna di crowdfunding – L’Istituto Ramazzini, con il supporto di altri Istituti e Università indipendenti dall’Europa agli Stati Uniti, ha ora lanciato una campagna di crowdfunding per finanziare il più grande studio integrato a lungo termine sugli effetti dei GBHs “necessario per estendere e confermare le prime evidenze emerse nello studio pilota e fornire risposte definitive ai diversi dubbi che rimangono sugli effetti cronici sulla salute dei GBHs, inclusi gli effetti cancerogeni”. Il budget totale per questo studio è di 5 milioni di euro. Secondo Alberto Mantovani, direttore del reparto di tossicologia alimentare e veterinaria dell’Istituto superiore di sanità un aspetto di questo studio rilevante per la valutazione del rischio “è il maggior riscontro di effetti endocrini e sullo sviluppo nel formulato commerciale a base di glifosato rispetto ad una dose equivalente di glifosato puro”. Per Mantovani “l’indicazione che altri componenti presenti nei formulati commerciali possano significativamente aumentare la tossicità del glifosato certamente merita ulteriori indagini”.

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