“Se ho svolto per così dire una attività di ‘mediazione’ l’ho fatto nel solo interesse delle vittime e per il timore che i mandanti di queste estorsioni potessero prendersela con me. Una delle vittime è mio cognato, un altro è un imprenditore con il quale ho rapporti di collaborazione professionale, ragione per la quale non avrei mai agito illecitamente nei loro confronti”. Dal carcere di Secondigliano, dove è detenuto dal 5 dicembre scorso con accuse di tentata estorsione aggravata dal metodo camorristico, parla e si difende Adolfo Greco, l’imprenditore stabiese del latte, “l’amico del amici” al centro di una inchiesta della Dda di Napoli – pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – sul pizzo imposto dalla camorra a Castellammare di Stabia.

L’indagine ruota intorno al ruolo che il facoltoso imprenditore con interessi nell’edilizia, nel settore alberghiero e nell’editoria locale, già condannato negli anni ’80 per essere stato un prestanome del boss della Nco Raffaele Cutolo – la Squadra Mobile gli ha trovato e sequestrato 2 milioni e 700mila euro nascosti dietro a un pannello scorrevole camuffato da muro in casa – avrebbe esercitato nelle dinamiche tra le cosche stabiesi e le vittime del racket, titolari di aziende della grande distribuzione alimentare e del settore caseario. Greco, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto da ufficiale di collegamento tra gli estorsori e gli estorti, ed in una conversazione arrivò a teorizzare che le vittime vanno vessate “piano piano”.

Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere la dichiarazione spontanea di Greco, rilasciata al Gip di Napoli Tommaso Perrella il giorno dopo l’arresto. Greco si avvale della facoltà di non rispondere, nega gli addebiti e si dipinge come un perseguitato delle cosche che non ha chiesto giustizia per paura. “Svolgo da sempre l’attività di imprenditore e mio malgrado sono vittima da sempre di attività estorsive che per timore non ho mai denunciato”, afferma il 68enne, come peraltro risulta in alcune parti dell’ordinanza di arresto che descrivono i versamenti dell’uomo alla vedova del boss del clan D’Alessandro. Greco ricorda di non aver tratto “nessun personale profitto dai fatti che mi vengono contestati”. Ammette però “che le parole da me talvolta pronunciate in alcune delle conversazioni captate (…) possono destare dubbi e perplessità sulle mie reali intenzioni. Tuttavia – spiega – si tratta di parole a volte pronunciate al solo fine di assecondare i miei interlocutori camorristi”. “Voglio ribadire – conclude – di non aver mai tratto profitto, in alcun modo, per me o la mia azienda, dal rapporto con alcuni camorristi della zona”.

Questa linea difensiva non ha prodotto per ora i frutti sperati. Il 18 dicembre il Riesame ha confermato l’arresto in carcere. Gli avvocati di Greco, Vincenzo Maiello e Michele Riggi, attendono il deposito delle motivazioni per preparare il ricorso in Cassazione e studiano indagini difensive da portare all’attenzione della Procura e del Gip per provare a ottenere per il loro assistito almeno un ammorbidimento delle misure cautelari.

Nelle intercettazioni depositate e a disposizione delle parti, oltre a ‘straparlare’ – per sua stessa ammissione – per blandire i camorristi, Greco mostra anche interesse verso l’informazione locale, con la quale coltiva rapporti buoni o cattivi a seconda del trattamento ricevuto. In una conversazione, l’imprenditore afferma di aver ricevuto la registrazione di un’udienza del processo per l’omicidio del consigliere comunale Pd Gino Tommasino direttamente dal direttore del principale quotidiano cittadino: è l’udienza nella quale un pentito, Salvatore Belviso, ha fatto il nome di Greco. In un’altra, del 12 dicembre 2013, Greco si lamenta – scrive la Mobile – delle “aggressioni giornalistiche” di cui sarebbe stato vittima il figlio, Luigi Greco, all’epoca consigliere comunale di Scelta Civica, per un articolo del Fatto Quotidiano  che collegava il padre alla camorra cutoliana. “Mio figlio – dice a tale Gaetano – è un bravo ragazzo… ha un solo neo… figlio di Adolfo Greco… ma tu devi vedere che cosa stava su “il Fatto Quotidiano”… ha denunciato…”.  Si riferisce a un articolo uscito più di un anno prima, l’11 novembre 2012, in cui si dava notizia che Luigi Greco aveva fondato a Castellammare di Stabia un circolo di ‘Italia Futura’, il movimento politico di Luca Cordero di Montezemolo, e ricordava i trascorsi del padre. Greco senior e junior querelarono. Il pm di Roma Marcello Cascini ha poi chiesto l’archiviazione, disposta dal Gip Giulia Proto nell’aprile 2014.

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