Non c’è solo Nogarin a fare la battaglia contro l’ingresso di un privato nella gestione dei rifiuti nei 101 Comuni della costa della Toscana attraverso la Reti Ambiente. Oggi è pubblica ma è destinata a essere privatizzata per il 45 per cento: un appalto di 20 anni per circa 5 miliardi di euro. La guerra scoppia anche dentro il Pd toscano con 17 sindaci democratici che, dopo essersi espressi anche a marzo scorso a favore della privatizzazione ora fanno marcia indietro, mentre altri cinque li recriminano e invocano il commissariamento, già minacciato dall’assessore regionale all’Ambiente Federica Fratoni. Sullo sfondo, un esposto alla procura su un affidamento diretto in Versilia sempre nella gestione dei rifiuti, che potrebbe portare i magistrati ad allargare l’attenzione anche sulle vicende di Ato Toscana Costa, l’ambito territoriale dei rifiuti di questa zona che comprende le province di Massa Carrara, Lucca, Pisa e Livorno.

La carica dei dissidenti
Il primo sindaco del centrosinistra a sollevare qualche dubbio è stato, giorni fa, il sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro, ex Pd e ora vicino alle posizioni di Mdp, ex primo cittadino di Capannori, considerata un esempio virtuoso nella gestione dei rifiuti. “Da tempo vado chiedendo una riflessione sul percorso a suo tempo intrapreso e cioè sulla effettiva necessità di procedere all’indizione di una gara per far entrare un socio privato nella società”, ha scritto anche su Facebook Del Ghingaro, chiedendo che Reti Ambiente, creata nel 2011 ma ancora inattiva, intanto inizi a operare nell’attuale assetto completamente pubblico. Seguono, a ruota, 17 sindaci Pd delle province di Massa Carrara e Lucca, in buona parte renziani, che il 14 novembre lasciano vuote altrettante poltrone nell’assemblea dell’Ato dove si dovevano approvare gli atti necessari al percorso di privatizzazione. Un iter cominciato nel 2014 ma ancora in corso, dopo la sospensione della prima gara per il socio privato a gennaio 2017, senza un nulla di fatto. “Il recente annullamento della gara impone di verificare se i presupposti che allora giustificarono la scelta della società mista sussistono ancora, anche in relazione alla necessità di avviare quanto prima la gestione d’ambito, l’unica dimensione dentro la quale è possibile sviluppare concretamente i principi della suddetta economia circolare”, scrivono i 17 dissidenti in un documento recapitato al direttore dell’Ato Franco Borchi. “Quando si decide di far entrare un privato deve esserci un motivo. Le società all’interno di Reti Ambiente sono solide e non ne hanno bisogno. Chiediamo intanto che il gestore inizi a operare”, precisa il sindaco di Capannori Luca Menesini, che con l’omologo di Camaiore Alessandro Del Dotto sta “guidando la protesta”.

Scusate, ci eravamo sbagliati
I sindaci però, dimenticano di aver messo la firma pochi mesi fa su un documento d’indirizzo che, se da una parte sollecitava l’inizio delle attività di Reti Ambiente, sulla privatizzazione diceva esattamente l’opposto di quanto dichiarato adesso: “La scelta di una società mista appare offrire comunque opportunità, guardando anche ad alcune esperienze positive che ci sono state in questa Regione” ed appare “utile e necessario consentire ad Ato di procedere (…) entro e non oltre il 30 giugno 2017 con la pubblicazione degli atti di gara”, si legge nell’atto approvato il 31 marzo 2017 nell’assemblea dell’Ato con i voti favorevoli di 38 Comuni, compresi Viareggio, Camaiore e Capannori, i cui sindaci ora si “ribellano”. “Mi domando perché gli stessi sindaci che fanno capo al Pd, e che oggi dicono di essere momentaneamente contrari al privato nei rifiuti, il 31 di marzo del 2017 hanno sottoscritto un documento che prevedeva la gara”, attacca Daniele Mazzoni, ex vicesindaco di Pietrasanta con l’amministrazione del forzista Massimo Mallegni.

Una mossa, quella dei 17, che non è piaciuta nemmeno in Regione, a partire dall’assessore all’Ambiente Federica Fratoni, che ha minacciato il commissariamento. “Come Regione – dice – ci troveremo costretti ad adempiere agli obblighi di legge comunicando nei prossimi giorni ai prefetti territorialmente competenti la mancata attuazione del cronoprogramma a suo tempo approvato”. E nemmeno ad altri sindaci Pd di peso. Sei amministratori delle province di Pisa e Livorno, capeggiati dal primo cittadino di Pisa Marco Filippeschi hanno infatti preso le distanze dai “disertori”, invocando anche loro il commissariamento. “Il settore dei rifiuti è delicato, e come ho detto e scritto in ogni sede i servizi pubblici essenziali devono restare pubblici. Non capisco perché i rifiuti hanno tutta questa attenzione del Pd tanto da minacciare un commissariamento”, dice ancora Mazzoni. E Del Ghingaro aggiunge: “Il Pd ha sempre voluto gestire da solo la partita, ma ora questa maggioranza si è sgretolata. Il partito è in deflagrazione”.

Giochi di poltrone?
E mentre il governatore toscano Enrico Rossi getta acqua sul fuoco e frena l’iniziativa del suo assessore – “Prima di procedere con la comunicazione ai prefetti, se i sindaci intendono rimettere in discussione la scelta effettuata nel 2011 sono invitati a riunirsi, in tempi brevi e certi” – rimane l’interrogativo su cosa ci sia dietro tanto movimento. “Hanno cambiato opinione o è una guerra di poltrone tutta toscana?”, si chiede Mazzoni, che insieme a Nogarin e altri quattro sindaci aveva votato contro il documento del 31 marzo pro-privatizzazione. Il sospetto è che, accanto a possibili ripensamenti con l’obiettivo di un percorso più ragionato verso l’eventuale ingresso del socio privato, ci siano anche manovre interne al partito in vista delle elezioni politiche. Giochi tutti interni ai renziani per arrivare ai vertici della segreteria regionale.

 

Gara in stallo ed esposto in Procura
Non è l’unico aspetto poco chiaro in tutta la vicenda. A destare perplessità sono anche le modalità con cui la gara per individuare il socio privato è stata annullata dall’Ato. Dopo la sua indizione nel 2011, tra ritardi, sospensioni e ricorsi si è arrivati al 2017 con un nulla di fatto. Il 9 gennaio di quest’anno il direttore dell’Ato Franco Borchi ha sospeso l’iter con l’obiettivo di riavviarne uno nuovo, ma questo ancora non è avvenuto. Ufficialmente, come ha messo a verbale anche a marzo lo stesso Borchi, la procedura è stata interrotta “perché il tempo trascorso dalla riapertura dei termini nel 2014 è risultato eccessivo e la semplice prosecuzione della gara poteva confliggere con i principi di celerità e concentrazione che debbono contraddistinguere tali procedure e con l’interesse pubblico a che sia assicurata la più ampia partecipazione dei concorrenti”. Ancora il 30 dicembre, però, in risposta a una lettera del vicesindaco di Pietrasanta in cui si evidenziava che la gara non rispettava la nuova normativa sugli appalti, il direttore dell’Ato rispondeva assicurando che non c’era “alcuna illegittimità”.

Nel frattempo Giacomo Giannarelli, ex candidato presidente del M5s e ora vicepresidente della commissione Ambiente del consiglio regionale, chiede di ascoltare i sindaci dissidenti e va all’attacco, insinuando che la gara abbia in realtà un esito già deciso in partenza in favore della società di gestione dei rifiuti della Toscana centrale: “Chiediamo al Pd un atto di trasparenza: dica ai cittadini della costa se ha già promesso ad Alia spa le quote private di Reti Ambiente, operazione anticamera per quel gestore unico regionale che è da sempre lo scopo ultimo del loro disegno politico su acqua e rifiuti”. E mentre all’interno del partito ancora volano gli stracci, sullo sfondo rimane l’esposto sull’affidamento diretto della gestione di un impianto di trattamento rifiuti a un’azienda privata, per opera dei Comuni della Versilia. Gli stessi Comuni fanno parte dell’Ato e l’impianto sarà poi al servizio di tutta l’area costiera. Mazzoni, che ha presentato la segnalazione, è stato sentito in Procura sulla gestione dei rifiuti nell’area. Il vicesindaco non aggiunge dettagli, ma è possibile che l’attenzione dei magistrati si allarghi a tutta l’Ato.

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