Ancora un atto criminale a Reggio Calabria. Stanotte è stato incendiato il deposito della sanitaria ‘Sant’Elia’, di proprietà del testimone di giustizia Tiberio Bentivoglio che qualche anno fa ha subito un tentato omicidio dopo aver denunciato e fatto condannare la ‘ndrangheta che gli aveva chiesto il pizzo. L’episodio, a poche centinaia di metri dal Consiglio regionale e dalla facoltà di Architettura è avvenuto intorno alla mezzanotte quando qualcuno ha dato fuoco al locale dove Tiberio custodiva la merce del suo negozio. Sul posto è stata trovata anche una tanica di benzina e sta indagando la Squadra mobile di Reggio Calabria per capire se dietro l’incendio si nasconde l’ennesimo messaggio mafioso ai danni di Bentivoglio. “Stavolta è finita” sono le uniche parole del testimone di giustizia che, in questi anni, dopo aver fatto arrestare il boss del suo quartiere ha dovuto lottare anche con Equitalia dopo essersi autodenunciato il mancato versamento dei contributi ai suoi dipendenti. Un mancato versamento dovuto all’isolamento che Tiberio ha subito in seguito dopo aver detto “no” alla ‘ndrangheta. Stasera ci sarà un sit-in organizzato dal Comune davanti al deposito incendiato dove, stamattina, è arrivato l’esponente di Libera Calabria, Mimmo Nasone secondo cui “la partita è tra una città che vuole liberarsi dalla mafia è una città che vuole restare piegata a criteri mafiosi e di corruzione. Se Tiberio dovesse perdere, siamo stati sconfitti tutti. Fare dichiarazioni contro la mafia – continua -, contro le estorsioni, parlare in termini generici è facile e comodo. C’è chi su questo ci ha fatto la carriera, ha speculato e ci ha lucrato. Ma le storie dell’antimafia sono quelle di Tiberio”. E lo Stato? “Abbiamo un giudizio positivo dello Stato qualcuno poteva fare di più e non lo ha fatto o lo ha fatto in modo superficiale”

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‘Ndrangheta in Lombardia: prima socio e poi vittima. “Incendi e minacce di morte”, alla fine la scelta di denunciare

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Reggio Calabria, sit-in per l’imprenditore antiracket. Prefetto: “Nuovo negozio sorvegliato dall’esercito”

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