“Sei un tonno” abitualmente si dice ad una persona che non brilla per intelligenza. Probabilmente il paragone deriva dalle mattanze che un tempo venivano praticate nell’Italia del sud, dove c’erano le famose tonnare e la pesca del tonno si effettuava chiudendo interi branchi dentro delle reti per poi arpionarli e caricarli sulle barche. Certamente il dispregio che emerge dalla frase non è attribuibile invece alla bontà della carne dell’animale, che ne ha fatto in assoluto la preda più ambita della pesca a livello mondiale. Ma magari si fosse rimasti alla tradizione delle tonnare! Oggi il metodo abituale di pesca è costituito dai FAD (“sistemi di aggregazione per pesci” dall’inglese “Fishing Actractive Devices”), che sono oggetti galleggianti naturali o artificiali che attirano i tonni in modo da concentrarli in un unico punto e pescarli poi in massa con enormi reti a circuizione. Peccato però che nelle reti finiscano anche molti esemplari giovani di tonno con conseguente danno al ripopolamento, e varie specie di pesci minacciate. I FAD ad oggi sono usati nel 70% della pesca del tonno e circa il 10% del pesce pescato con questo sistema non è tonno ma altre specie.

In alternativa si usano i palamiti, che in questo caso sono cavi di nylon lunghi fino a 100 Km con attaccate numerose lenze più corte (fino a 3000) terminanti con un amo. Anche questo metodo di pesca non è ovviamente selettivo e causa la morte di tantissimi altri animali (tra cui molti in via di estinzione) come uccelli acquatici, squali, mante e tartarughe.

Greenpeace da anni si batte per una pesca del tonno che sia sostenibile, con la campagna “Tonno in trappola”. E ha di recente pubblicato la relativa classifica 2015 (“Rompiscatole”): Asdomar al primo posto, Auchan all’ultimo. Fra i “non ci siamo”, che cioè usano metodi di pesca non sostenibili, anche Mareblu. Asdomar è una vecchia azienda di Olbia, che nel suo sito evidenzia: “Solo tonni della specie a pinne gialle adulti, certificati lunghi almeno 1 metro, minimo 20 kg di peso.”

Ma al di là della sostenibilità della pesca del tonno a pinne gialle o del tonnetto striato, che sono poi le specie la cui carne riempie la stragrande maggioranza delle scatolette in commercio, quello rosso – il più pregiato, passatemi il brutto termine – invece non se la passa granché bene. Era dato addirittura in via di estinzione, e solo di recente è stato dichiarato fuori pericolo. Sarà poi vero? O forse sarà grazie al fatto che oggi esso viene addirittura allevato e si è altresì riusciti a riprodurlo in cattività. Uno dei più grossi abitatori degli oceani riprodotto in cattività… Così i giapponesi, che ne sono notoriamente i maggiori consumatori al mondo possono dormire sonni tranquilli. Questi giapponesi…Nel 2015 una catena giapponese di ristoranti si è aggiudicata un tonno rosso del peso di 180 kg per la bellezza di 32.000 euro.
“Sei un tonno”. Vogliono dirti che sei un po’ scemotto? Oppure che sei in via di estinzione? Oppure ancora che ti mettono all’ingrasso? E comunque finirai male. Non ti deve piacere che te lo dicano.

Articolo Precedente

Inquinamento Pechino: per la prima volta scatta allarme rosso. Tre giorni di misure straordinarie (FOTO)

next
Articolo Successivo

Cop 21 a Parigi, sicurezza alimentare e clima: una sfida per il futuro

next