I ministeri leghisti di Monza aprono le porte a una delegazione del Partito Democratico e magicamente da sedi distaccate, annunciate in pompa magna dai Padani (presunti) secessionisti, si trasformano in “sedi di rappresentanza”. A declassare il rating degli uffici è lo stesso padre del trasferimento dei ministeri al Nord: Roberto Calderoli. Ieri lo ha confessato: “Sono solo sedi di rappresentanza”. Appena tre mesi fa ad ogni comizio e incontro pubblico il ministro per la Semplificazione rilasciava dichiarazioni entusiaste su quelli che definiva i ministeri al Nord. “Il 23 luglio il mio ministero e quello di Bossi apriranno a Monza. Che piaccia o non piaccia a Roma” disse lo scorso 11 luglio nel corso di un incontro pubblico in provincia di Varese quando, lanciando l’affondo sulla devolution dei dicasteri, aveva assicurato ai militanti che la Lega non si sarebbe fermata di fronte alla levata di scudi che era seguita alla proposta leghista di “trasferire al Nord i ministeri”. Proposta che era stata sostenuta anche da una raccolta firme lanciata a ridosso del tradizionale raduno di Pontida del 19 giugno scorso.  Alcuni hanno creduto al progetto. Altri hanno iniziato a fare i conti di quanto sarebbe costato portare a termine il trasloco.

Ma sono bastate poche settimane e il 23 luglio, giorno dell’inaugurazione, il trasferimento dei ministeri era già stato declassato a semplice apertura di non meglio identificate sedi distaccate. Trasferimenti o distaccamenti, poco importa, i promotori dell’iniziativa erano comunque felici e potevano dire di aver aperto i loro ministeri del nord. Alla festa organizzata alla Villa Reale di Monza si sono presentati in pompa magna Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Giulio Tremonti e Michela Vittoria Brambilla. Quattro ministri in tre stanze “che allo Stato non costano niente”, come aveva detto Bossi il giorno del taglio del nastro, ricordando che a nord “sono tutti contenti”, lasciando intendere che non gli importasse un gran ché delle polemiche sollevate da Gianni Alemanno e Renata Polverini.

Dopo l’inaugurazione, per tornare a parlare dei ministeri del nord si è dovuto attendere il primo settembre, giorno dell’annunciata apertura. In quell’occasione alla Villa Reale dei ministri non s’è vista nemmeno l’ombra. Si è presentata invece una delegazione di agguerritissimi imprenditori padovani, infuriati per il contenuto della manovra fiscale e i provvedimenti eccessivamente penalizzanti per la categoria.

Dalla prima protesta passano una dozzina di giorni e finalmente la sede distaccata dei ministeri ospita una vera riunione. Ma al di là del nome altisonante più che in una sede istituzionale pareva di essere in una struttura di partito. A quella riunione hanno partecipato il ministro Roberto Calderoli, il ministro Umberto Bossi e uno stuolo di presidenti di provincia: tutti rigorosamente leghisti. Unica eccezione, il ministro Giulio Tremonti, che dopo aver fatto capolino in Villa ha smentito di aver mai partecipato ad alcuna riunione. Su questo strano incontro di partito la procura di Monza ha anche aperto un fascicolo per indagare la reale natura degli uffici ministeriali di Villa Reale.

Ieri nella sede dei ministeri trasferiti, anzi no, distaccati, il ministro Calderoli ha incontrato alcuni esponenti del Partito democratico brianzolo. Alla riunione hanno partecipato il capogruppo Domenico Guerriero, il vicepresidente del consiglio provinciale Vittorio Pozzati, il segretario provinciale Gigi Ponti e il consigliere Adriano Poletti. All’uscita Guerriero ha riferito del colloquio avuto con il ministro, dichiarando che Calderoli ha ammesso che quelle monzesi “sono sedi di rappresentanza e non decentrate”.

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