Minacce con la pistola a Pasqualino Di Leva. Sono accuse pesanti quelle mosse dall’ex assessore all’edilizia del Comune di Sesto San Giovanni, ora in carcere, nei confronti di Piero di Caterina, uno dei due imprenditori che, con le sue dichiarazioni, ha permesso di alzare un velo su un presunto giro di mazzette sulle aree ex Falk e Marelli.

Dichiarazioni rese più di un anno fa e che hanno dato il via all’inchiesta della Procura di Monza che vede, tra gli indagati, Filippo Penati, l’ex sindaco della Stalingrado d’Italia ora sospeso dal Pd. Mentre gli uomini della Guardia di Finanza stanno lavorando sulle carte raccolte nell’ambito dei vari filoni dell’indagine e hanno per ora ricostruito versamenti per 200 mila euro ai comitati elettorali di Filippo Penati da parte della sua associazione, Fare Metropoli, questa mattina davanti ai giudici del Tribunale del Riesame, nel corso dell’udienza per chiedere la scarcerazione di Di Leva, il suo difensore, l’avvocato Giuseppe Vella, ha raccontato delle minacce ricevute dal suo assistito.

Ma delle minacce di Di Caterina ha parlato anche l’attuale sindaco di Sesto Giorgio Oldrini: il primo cittadino, all’Ansa, ha ricordato che circa un anno e mezzo fa, Di Caterina “si è presentato da Nicoletta Sostaro”, l’allora responsabile dello sportello unico dell’edilizia sestese, “con la giacca ben aperta e la pistola ben in vista”. E poi, ha proseguito Oldrini, qualche mese fa si è recato nell’ufficio del direttore generale Marco Bertoli (anche lui indagato e dimessosi ieri, ndr) “gridando farò piangere tuo figlio”. Abbiamo chiamato la polizia ma poi abbiamo lasciato perdere. E’ stato un errore mio, avrei dovuto sporgere denuncia”. “Sono tutte sceneggiate napoletane che non rispondono al vero – ha replicato Di Caterina, spiegando di avere da anni un regolare porto d’armi per motivi professionali -. Mi pare un pacchiano tentativo di agitare le acque per cercare di mimetizzare le proprie disgrazie”.

Quanto ai vari capitoli dell’inchiesta su cui inquirenti e investigatori stanno lavorando – la Procura conta di chiudere entro l’anno quello sulle arre ex Falck e Marelli – c’è quello sull’acquisto ‘sovrapprezzò del pacchetto del 15 per cento delle azioni della Milano Serravalle da parte della Provincia di Milano, sotto la guida di Penati, dal gruppo Gavio: da quanto si è saputo starebbero spuntando degli indizi per riscontrare l’ipotesi che dietro la plusvalenza di 179 milioni incassata dalla società di Tortona ci siano state delle “retrocessioni” di denaro in forma diretta e indiretta allo stesso Penati o a persone del suo entourage.

Riguardo a Fare Metropolì, l’associazione che dai primi accertamenti non si sarebbe distinta per particolari impegni è stato ricostruito che su 300 mila euro versati dai vari ‘benefattorì, 200 sarebbero serviti per finanziare la campagna elettorale di Penati mentre dei rimanenti 100 mila euro un 25 per cento sarebbe servito per le spese vive mentre il resto non si sa ancora nelle tasche di chi sia finito. E ancora è stato acceso un faro sulla vicenda della sede di Sky: si vuole fare chiarezza sui motivi per cui invece di sorgere sull’area ex Marelli – era questo il progetto iniziale – la redazione e gli uffici sono stati aperti a Santa Giulia di proprietà di Risanamento. Sul punto è stata fatta una domanda a Giovanni Camozzi, l’allora legale del gruppo Zunino indagato e interrogato ieri dal pm Walter Mapelli. E non è escluso che sull’argomento si ritorni lunedì prossimo, giorno in cui a Monza è stato convocato li stesso Luigi Zunino, l’immobiliarista ex vertice della stessa Risanamento.

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