“I manifesti di Milano sono un’ignobile provocazione”. Il Capo dello Stato interviene a gamba tesa nella vicenda che finora i vertici del Pdl hanno tentato di minimizzare in ogni modo. A partire dal coordinatore regionale lombardo, Mario Mantovani, amico di Roberto Lassini, l’uomo che si è autodenunciato con un’intervista al Giornale dicendo e poi però ha ritrattato: “Non sono io l’autore”. Lassini, avvocato 50enne candidato alle comunali con Letizia Moratti, ha detto di non aver alcuna intenzione a ritirarsi dalle liste, “e ancora nessuno me l’ha chiesto”, ha detto. Ma adesso, con l’intervento di Giorgio Napolitano, la sua candidatura sarà la prima a dover sparire. E a rischio potrebbe essere anche il ruolo di coordinatore di Mantovani, indicato da molti anche all’interno del Pdl come ideatore della campagna contro i pm. Lui, del resto, è quello che si è speso maggiormente negli ultimi mesi per organizzare le manifestazioni in tribunale a favore del premier. E ci sono delle foto che ritraggono Mantovani e Lassini insieme nei corridoi della procura il 21 marzo scorso, in occasione di un’udienza Mills: loro sono lì a manifestare.

Nonostante la condanna di Napolitano, Lassini non si scompone troppo. “Non mi devo pentire di niente”, ripete. “trovo quei manifesti esagerati ma anche le accuse di vilipendio dell’ordine giudiziario sono un’esagerazione”. E’ comunque il presidente dell’associazione “Dalla parte della democrazia” che ha firmato i manifesti. “Se servirà andrò a chiarire con i magistrati ma di ritirarmi non ci penso; al momento non me l’ha chiesto nessuno e non spetta alla Moratti deciderlo ma al coordinatore regionale”. Cioè l’amico Mario Mantovani. Sindaco di Arconate quando Lassini era primo cittadino di Turbigo: municipi distanti cinque chilometri, tre minuti l’uno dall’altro. I due sono amici da sempre. Alle spalle una lunga militanza nella corrente democristiana di Serafino Generoso, che raccoglieva quasi il 50 per cento dei consensi del partito.

Ed è nell’amicizia con Mantovani che Lassini confida. Ma il coordinatore regionale del Pdl non può molto perché a voler cancellare Lassini dalle liste è il vicepresidente della Camera, nonché pedina pesante del premier nel mondo cattolico in Lombardia, Maurizio Lupi. Oggi è piombato a casa di Letizia Moratti. “Questo personaggio qui deve sparire”, ha sbottato davanti al primo cittadino e a Mantovani, che ha ascoltato lo sfogo di entrambi per poi andarsene con un compito. “Tu ora lo convinci a rinunciare alla candidatura – gli ha detto Lupi – questo è l’unico modo per uscirne quasi indenni; non possiamo cancellarlo noi perché le liste sono depositate, solo lui può ritirare la sua nomina e deve farlo”. Mantovani ha lasciato la casa del sindaco a testa bassa e visibilmente contrariato. Ma è certo che non può tirarsi indietro. Nel Pdl in molti lo indicano come l’ideatore della campagna contro i pm, “magari non l’autore dello slogan per carità – dice un esponente locale del partito – ma sicuramente lui è il più impegnato sul territorio, chi ha organizzato le manifestazioni in tribunale?”. E proprio in procura il 21 marzo scorso, in occasione di un’udienza del processo Mills, sono state scattate le foto che ritraggono Lassini e Mantovani protestare contro la magistratura in difesa del premier. “Sono stato anche io vittima della malagiustizia”, continua a ripetere Lassini. “Mi sono ritrovato assolto dopo anni”. Nel 1993, quando era sindaco a Turbigo, finì in carcere per 42 giorni con l’accusa di tentata concussione. Poi, dopo 5 anni, è arrivata la sentenza di proscioglimento.

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