Palermo, caserma “Cangialosi” della Guardia di Finanza di Via Cavour. Sono le 23.45 e all’apertura dei cancelli dall’interno iniziano a defluire una decina di auto blu con lampeggiante. Ci sono quelle delle autorità, alcune con i vetri oscurati e quelle di scorta. All’interno della struttura è appena terminata una cena che ha avuto molti invitati e tutti di grande spessore politico-istituzionale. Ma i riflettori si sono accesi su due di loro; seduti allo stesso tavolo c’erano Renato Schifani, presidente del Senato e Francesco Messineo, a capo della Procura di Palermo. Il primo, secondo L’espresso, è indagato dalla Procura di Palermo. Il secondo quella Procura la dirige. Il primo in passato è stato socio, nel 1979, nella società di brokeraggio assicurativo Sicula Brokers, di personaggi successivamente incriminati per associazione mafiosa e concorso esterno come Benny D’Agostino, amico del boss Michele Greco e Nino Mandalà, favoreggiatore di Bernardo Provenzano. Il secondo coordina la procura che ha condannato Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri per mafia e che sta indagando sulla trattativa Stato-mafia; è stato proprio Messineo a smentire con una nota l’indagine a carico di Schifani: “il nome del presidente del Senato Renato Schifani non è iscritto nel registro degli indagati di questa procura”. Sappiamo però quanto questa formula sia d’obbligo nelle indagini per mafia.

Attorno alla tavola
Alla cena, assieme ai due “pesi massimi” c’erano anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, il questore Alessandro Marangoni, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Francesco Cascio, il presidente della Corte di Appello Francesco Oliveri, Leonardo Guarnotta, presidente del Tribunale di Palermo già membro del pool Antimafia di Caponnetto assieme a Falcone e Borsellino, oltre agli ufficiali superiori della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, tutti con le rispettive mogli. Dopo la conferma da parte di altre fonti, molto attendibili, che effettivamente Renato Schifani sarebbe indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, questa cena rischia ora di creare tensione all’interno della procura siciliana: può Messineo, seppur nel corso di una cena con alti dirigenti politici e militari, sedere allo stesso tavolo con colui il quale potrebbe essere indagato dai suoi sostituti? Al Fatto Quotidiano risulta che proprio loro, i sostituti procuratori di Palermo che stanno in questi giorni indagando sulle vicende professionali del passato dell’avvocato Renato Schifani, fossero all’oscuro della cena e quindi della partecipazione di Messineo.

Le preoccupazioni dei magistrati
Mentre nelle stanze del Palazzo di Giustizia i magistrati Antonino Di Matteo, Antonio Ingroia e Paolo Guido e Ignazio de Francisci stanno verificando le dichiarazioni di Francesco Campanella e Gaspare Spatuzza, il loro capo cenava allegramente (in compagnia di altre cariche istituzionali) con il soggetto che – al di là della sua posizione formale – è il fulcro di quell’inchiesta. L’iscrizione del nome di Renato Schifani (o magari più probabilmente di uno pseudonimo o di una lettera, tipo alfa e beta) non è determinante. Anche a voler prendere per buona la mancata iscrizione del presidente Schifani sul registro degli indagati a Palermo, i motivi di opportunità che avrebbero dovuto tenere lontano il procuratore capo Messineo dalla caserma Cangialosi restano intatti. Proprio la posizione di Schifani è stata al centro di un incontro tra i magistrati della Direzione distrettuale Antimafia che si occupano del caso e che si è tenuto quest’estate. Sul tavolo c’erano i verbali di Gaspare Spatuzza resi davanti ai pm di Firenze e Palermo, nei quali il collaboratore parla delle frequentazioni comuni dei Graviano e di Renato Schifani; c’era il memoriale di Francesco Campanella sugli affari della cosca Mandalà a Villabate e sul ruolo del consulente Renato Schifani che di quella giunta era l’esperto giuridico in materia urbanistica. All’esito di quella riunione si sono decisi i passi da fare per verificare i rapporti di Schifani con Nino Mandalà e la famiglia di Villabate da un lato e con il costruttore Giuseppe Cosenza e con il mondo della mafia di Brancaccio dall’altro.

Il procuratore capo Francesco Messineo è a conoscenza di questa attività e sa bene che – se pure veramente Schifani non è indagato formalmente – la sua posizione è al vaglio dei suoi sottoposti. Il passato di Renato Schifani è oggetto di accertamenti. E per questa ragione abbiamo chiesto a Messineo se la cena fosse davvero avvenuta e se non la ritenesse per lui un passo falso. Il procuratore si è limitato a una risposta via mail in cui scrive che “la cena organizzata dal Comandante Interregionale della Guardia di Finanza si è svolta presso il Circolo Ufficiali della stessa Guardia di Finanza”. “La conversazione durante la cena – ci scrive ancora Messineo – ha avuto per oggetto quasi esclusivamente la imminente visita del Sommo Pontefice nonché altri argomenti consueti in tali occasioni mondane”. Nessuna dichiarazione invece dall’ufficio di Guarnotta la cui segreteria era stata contattata nella mattinata di ieri. Messineo non ha invece risposto rispetto all’opportunità o meno della sua partecipazione all’evento “mondano”.

di Benny Calasanzio

Da Il Fatto Quotidiano del

GIUSTIZIALISTI

di Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita 12€ Acquista
Articolo Precedente

Arriva il papa, Costituzione sospesa

next
Articolo Successivo

C’è un giudice in Padania?

next