Dopo lo scandalo delle orge in canonica, con alcuni parroci protagonisti, un’altra grana si abbatte sulla diocesi di Padova. Un sacerdote ha rilasciato un “certificato di idoneità” a Giuseppe Salvatore Riina, il figlio del boss mafioso Totò Riina, per fare da padrino a Corleone al battesimo di una nipote, figlia della sorella Lucia. E così durante le vacanze di Natale, il rampollo del capo dei capi di Cosa Nostra ha lasciato il Veneto ed è tornato a casa per partecipare alla cerimonia.

Il fatto ha lasciato allibite le autorità religiose siciliane, per il fatto di trovarsi di fronte, con i crismi della presentabilità in chiesa, una persona che è stata condannata per mafia e sospettata di aver cercato di riorganizzare le attività proprio a Corleone. Evidentemente il sacerdote padovano avrà avuto un colloquio con il giovane Riina, prima di firmare il documento, e si sarà interessato alla sua situazione personale, cercando di capirne la sincera ispirazione religiosa. Alla fine ha firmato il documento che, unito al permesso del Tribunale di sorveglianza di lasciare temporaneamente Padova, è servito a Riina per raggiungere la Sicilia. Nel 2011 quando il figlio del capo dei capi era stato scarcerato aveva dovuto trasferirsi in soggiorno obbligato nella città veneta, dato che gli era stato vietato il ritorno a Corleone: secondo i magistrati siciliani, infatti, avrebbe potuto continuare ad avere legami con Cosa nostra.

A Corleone il parroco don Vincenzo Pizzitola non si è opposto alla presenza di Riina junior e nel pomeriggio del 29 dicembre ha celebrato la messa nel corso della quale è stato somministrato il battesimo. È però arrivata l’ira del vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, che con la mafia non è mai stato tenero. “Né io, né gli uffici della Curia eravamo informati. – ha dichiarato – Consentire al figlio di Riina di fare il padrino di battesimo è stata una scelta censurabile e quanto meno inopportuna, che io non approvo”. Naturalmente è stato convocato il parroco di Corleone, che ha fatto riferimento al documento firmato da un sacerdote della diocesi di Padova.

Il Codice Canonico in materia di padrini del sacramento del battesimo è chiaro. L’articolo 874 prescrive che oltre ad aver compiuto sedici anni ed essere cattolico e cresimato, deve “condurre una vita conforme alla fede e all’incarico che assume” e non essere “irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata”. Una persona condannata per mafia ha questi requisiti? Il parroco padovano ha ritenuto di sì, il vescovo di Corleone la pensa in modo diverso. Infatti, ha ricordato che il padrino “deve essere il garante della fede, deve dare testimonianza con le sue azioni. E non mi risulta che il giovane abbia mai espresso parole di ravvedimento per la sua condotta”.

La Diocesi di Padova ha rilasciato una breve precisazione. “Giuseppe Salvatore Riina lo scorso anno ha ricevuto il sacramento della Cresima dopo un percorso di preparazione che è avvenuto nel più stretto riserbo. E’ quindi in possesso di un certificato di cresima, uno dei requisiti che consentono di fare il padrino del battesimo”. Le critiche arrivate dalla Sicilia? “Stiamo effettuando verifiche su che cosa sia accaduto nella diocesi di Monreale”. A Padova vogliono capire se Riina si è limitato a presentare il certificato di cresima, nel qual caso quindi la responsabilità è del clero locale che ha dato corso alla richiesta di fare da padrino alla nipotina, o se invece abbia presentato qualche altro documento firmato da un sacerdote padovano.

Da quando è in Veneto, Riina junior ha fatto molto parlare di sé. L’anno scorso la pubblicazione il suo libro “Riina family life” ha scatenato fortissime polemiche, perché appare come il racconto di una famiglia normale: nessuna traccia delle stragi e delle decine di omicidi ordinati da Totò “‘u curtu”, il capo dei capi di Cosa nostra, detenuto al 41 bis dal 15 gennaio del 1993, quando venne arrestato dopo anni di latitanza. Il figlio, invece, è attualmente sottoposto a misura di sicurezza a Padova. Un anno fa i giudici avevano disposto il prolungamento del provvedimento di sorveglianza speciale per altri due anni. Alla decisione Riina Jr si era opposto e aveva incaricato l’avvocato di fiducia, Francesca Casarotto, di fare ricorso. A giugno il Tribunale ha accolto parte delle motivazioni, riducendo il periodo di libertà vigilata da due anni a uno.

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