Nomine, nomine e ancora nomine. I primi sei mesi di Virginia Raggi in Campidoglio sono stati un lungo, ininterrotto rimpasto di governo tra scelte infelici, lotte intestine e colpi di sfortuna. Uno dopo l’altro i casi Raineri, Muraro e Marra non potevano non condizionare l’azione amministrativa. Poco è stato fatto in questo inizio da parte del Movimento 5 stelle nella Capitale, anche in termini numerici: fino al 29 dicembre, prima degli straordinari di fine anno, si contavano 122 delibere di giunta, di cui ben 38 relative a contratti o incarichi. Cifre inferiori ai predecessori, da Ignazio Marino (159, nello stesso arco di tempo) a Gianni Alemanno (oltre 200), anche se non è sempre detto che il numero di delibere sia sinonimo di produttività. Poi c’è il no ai Giochi di Roma 2024; qualche intervento su mobilità e rifiuti, una serie riuscita di provvedimenti amministrativi. Probabilmente meno di quanto si aspettavano gli stessi 5 stelle. “Sapevamo che sarebbe stata dura, ma non così tanto…”, sospirano dagli uffici del Comune durante le vacanze di Natale trascorse al lavoro per risolvere la grana del bilancio di previsione bocciato dall’Oref. L’ultimo problema di questi sei mesi, il primo vero banco di prova che – almeno per il momento – non è stato superato. E anche se la convinzione all’interno del M5s è quella di essere vittime di un accanimento mediatico (“siamo sempre sotto attacco per qualsiasi cosa”), pure in Campidoglio sono costretti ad ammettere che “qualche errore è stato fatto”. Il 2016 si chiude in affanno (e senza neanche il tradizionale concertone di fine anno), il 2017 si aprirà con tanti nodi ancora da risolvere.

Virginia Raggi, i primi 6 mesi col fiatone: un rimpasto senza fine tra addii, mini-interventi e conti che ancora non tornano

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