“Siamo entrambi un po’ puntigliosi, non ci vediamo più”. Così Raffaele Cantone a proposito dei suoi rapporti con Roberto Saviano. “Continuo a volergli bene, ma non accetto questa sua tendenza nichilista” ha spiegato il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione intervenendo al Festival Economia di Trento: “Come si fa a dire ‘non credo nella giustizia, credo alla bontà’? È una frase che fa rabbrividire, lascia perplessi”.

A cosa si riferisce il numero uno dell’Anac? Alle parole pronunciate dallo scrittore il 24 aprile: “Non credo più nella giustizia. Nel suo nome sono stati fatti i peggiori crimini – spiegava ai microfoni di Sky TG24 – non ho nessuna speranza nelle istituzioni, nella politica e nei media. Credo invece nella bontà, parola oggi impronunciabile, e nel rapporto uno a uno”.

Quanto a Gomorra, il bestseller firmato da Saviano, “è un prodotto eccellente ma di fantasia, si fa una operazione commerciale non corretta perché Napoli” non è assolutamente come viene rappresentata in Gomorra. “Alcuni quartieri romani – ha concluso – non sono meno pericolosi di certi quartieri di Napoli”.

E’ la seconda occasione in pochi mesi che Cantone parla dello scrittore. Saviano “mi ha attaccato pubblicamente, non ci vediamo da un anno – spiegava il magistrato il 6 aprile al Fatto Quotidiano – ma difenderò in ogni luogo e in ogni momento il suo diritto a esprimersi. Non si può dimenticare il ruolo che ha avuto e ha ancora nella lotta alle mafie, né il prezzo che ha pagato dal punto di vista personale”.

“Nel nostro Paese attorno a questo tema c’è minore consenso da tempo: l’idea dell’antimafia come valore positivo in sé – che Saviano ha incarnato, anche suo malgrado – è entrata in crisi.
Saviano dice le stesse cose, con la stessa coerenza, ma in parte dell’opinione pubblica ha iniziato a manifestarsi un po’ di stanchezza rispetto alla rappresentazione dell’Italia come Paese
supermafioso‘”.

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