Altro che i tre anni sbandierati in campagna elettorale dall’allora candidato sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti. Una frase, un anno fa, che giocò un ruolo fondamentale nella sua elezione. Ce ne vorranno almeno dieci di anni per spegnere l’inceneritore di San Rocco. E’ arrivato il redde rationem rispetto al tanto atteso studio, commissionato dal gestore dell’impianto al consorzio piacentino Leap (Laboratorio Energia Ambiente Piacenza), sulle prospettive di smantellamento del termovalorizzatore cremonese.

Una dettagliata valutazione tecnica e finanziaria, presentata sia all’amministrazione che alle forze politiche di opposizione, e costata oltre 100mila euro. Ma c’è ben altro, oltre all’invito degli esperti di non mandare in soffitta l’impianto prima del 2025: la necessità della contestuale realizzazione di un nuovo impianto, al fine di seguitare ad alimentare il teleriscaldamento, e che inevitabilmente – alla luce delle disposizioni dello Sblocca Italia e della costituzione di una rete nazionale degli inceneritori – brucerà rifiuti extra regionali. Una ipotesi contro la quale il sindaco si è sempre battuto.

Apparentemente un controsenso, la previsione di un nuovo termocombustore (seppur più performante e meno inquinante dell’attuale), come osserva lo stesso primo cittadino. “E’ interessante come uno studio sull’exit strategy, rispetto all’inceneritore, proponga come unica soluzione economicamente sostenibile la costruzione di un nuovo inceneritore che colletta rifiuti da tutta Italia”. Una soluzione, tra l’altro, in controtendenza rispetto alle indicazioni dell’Europa e alle linee regionali. “Prendiamo atto della presentazione dello studio e valuteremo meglio il documento”. In attesa dell’esito degli altri due tavoli sull’inceneritore: quello interno al gestore Lgh e la commissione istituita presso regione Lombardia.

Tre le opzioni prospettate dai tecnici, rispetto al decommissioning dell’impianto. Oltre alla chiusura non prima di dieci anni, lo spegnimento immediato (ma avrebbe un costo di oltre 100 milioni di euro) e la dismissione a partire dal 2018 (ma l’accelerazione del piano di ammortamento prevede un costo dell’operazione di 42 milioni).

“Quello che abbiamo scritto 14 mesi fa si è avverato – dice a ilfattoquotidiano.it Marco Pezzoni, coordinatore del movimento ambientalista CreaFuturo – Si tratta di uno studio di parte, commissionato ad un laboratorio che fa parte della scuola degli inceneritoristi e che stila consulenze per i cementifici. E’ inutile meravigliarsi”.

La partita dello spegnimento del termovalorizzatore si intreccia con la imminente fusione tra le multiutilities Lgh e A2A, il colosso di Milano e Brescia. Ciò che propone Pezzoni, per arrivare comunque ad una chiusura dell’impianto prima dei tempi indicati, è che Cremona ponga come pre-condizione alla fusione la chiusura di quello cittadino e il mantenimento in vita di un altro impianto, quello di Parona (Pavia), sempre di proprietà di Lgh.

La partita è quindi tutta politica e – secondo Pezzoni – in discesa, essendo quasi tutti i Comuni azionisti di Lgh (Cremona, Crema, Pavia, Lodi e Rovato) targati centrosinistra (solo Rovato è di centrodestra). Anche sull’efficienza del termovalorizzatore si sono espressi i tecnici Leap, sostenendo che San Rocco è perfettamente in linea con gli standard normativi.

Twitter: @bacchettasimone

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