Niente più quiz nozionistici o domande troppo teoriche. I docenti che nel 2016 tenteranno il concorso della scuola devono prepararsi a delle prove molto più pratiche. Improntate a verificare che l’insegnante sappia comunicare i contenuti, dando per scontato che li possegga già. La riforma della scuola è andata in archivio la settimana scorsa con l’approvazione definitiva da parte della Camera. Adesso, però, è già tempo di pensare alla “fase due”: ovvero l’attuazione di tutte le norme e i principi contenuti nel ddl licenziato dal Parlamento. Fra questi, c’è anche il bando del prossimo concorsone, su cui sono puntati gli occhi di tutti i precari (e sono centinaia di migliaia) esclusi dal piano straordinario di assunzioni da 100mila posti (che riguarderà solo i vincitori e gli idonei del Concorso 2012 e gli iscritti nelle Graduatorie ad Esaurimento). La novità è che le prove saranno molto diverse dal passato. Negli scorsi mesi il Ministero aveva già fatto trapelare l’intenzione di “superare l’impostazione del concorso Profumo”, adesso è arrivato il primo passo ufficiale in questa direzione: il governo ha accolto un ordine del giorno firmato da Simona Malpezzi (uno dei nomi forti di Renzi sulla scuola) che prevede di “escludere la valutazione delle conoscenze nozionistiche e disciplinari già valutate in seguito al conseguimento della laurea e del titolo abilitante”.

Ancora presto per capire cosa comporterà nel dettaglio. Ma è possibile farsi un’idea guardando il contenuto delle prove dell’ultimo concorso. Non dovrebbe cambiare molto per la prova orale, che già consisteva nella simulazione di una lezione. Diverso, invece, per lo scritto, che appunto prevedeva quattro domande aperte di carattere nozionistico e disciplinare. E anche per la prova preselettiva (ammesso che ci sia), composta da una batteria di quesiti (uguali per tutte le classi) di logica, comprensione del testo, competenze digitali e di lingua. Tante di queste conoscenze potrebbero essere date per scontate col titolo di abilitazione. Del resto, al prossimo concorso potranno partecipare solo gli abilitati (Tfa, Pas, diplomati magistrali e congelati Ssis; in totale dovrebbero essere più di 150mila i candidati, per un totale di circa 60mila posti da coprire nell’arco di un triennio).

“Nel 2012 – conferma la Malpezzi, firmataria della proposta – c’era una platea sconfinata. Quell’impostazione, con tante domande nozionistiche e una prova preselettiva dalla forte scrematura, era l’unico tipo di concorso possibile. Ora le cose sono cambiate”. E il governo vuole scegliere i suoi insegnanti diversamente: “In Italia abbiamo corsi di abilitazione di valore. Possiamo dare per scontato che gli abilitati siano in possesso delle necessarie competenze, non chiederemo ai nostri docenti di rimettersi sui libri a studiare”. Tra gli argomenti di valutazione del prossimo concorso, dunque, resteranno i contenuti didattici, metodologici e pedagogici. “Studieremo delle prove – conclude la parlamentare del Pd – per valutare la capacità d’insegnamento degli insegnanti. L’assunzione non dipenderà più da dei quiz dove conta soprattutto saper rispondere velocemente”. Per il momento non c’è altro: siamo ancora a livello di principi generali. Per i dettagli bisognerà aspettare il bando del prossimo concorso, per cui il ddl ha fissato il termine ultimo del primo dicembre 2015. Lì il Ministero dovrà chiarire tutto: numero e contenuto delle prove, posti disponibili, criteri di punteggio e valorizzazione dei titoli. I precari che dalla riforma sono rimasti delusi attendono con ansia.

Twitter: @lVendemiale

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