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Turisti attratti dalle pale eoliche? Io non ce li vedo, non so voi

Sarebbe interessante andare ad intervistare le comunità locali che si sono visti espropriare i terreni e devono convivere con un paesaggio radicalmente trasformato
Turisti attratti dalle pale eoliche? Io non ce li vedo, non so voi
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“Per contrastare l’emergenza climatica e migliorare le condizioni sociali del nostro Paese è fondamentale non solo far crescere la produzione da rinnovabili e rendere finalmente il nostro sistema energetico libero da carbone, petrolio e gas, escludendo l’inutile e costoso ritorno al nucleare, ma anche fare in modo che queste tecnologie portino sempre più vantaggi ai territori e alle comunità”. A parlare così in un comunicato è Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente. Ma non si limita a questo, e rincara la dose affermando “gli impianti eolici, se ben fatti e integrati con il territorio, possono essere anche un importante volano turistico”. La sua associazione ha addirittura pubblicato un volumetto dal titolo “Parchi del vento” sui parchi eolici realizzati in Italia.

Ora, tralasciamo per carità cristiana la definizione di “parchi” adattata a queste enormi pale (fino a 200 metri di altezza e pale lunghe fino e oltre i cento metri) che punteggiano soprattutto i crinali del nostro Appennino, e cerchiamo di capire come Legambiente promuova in toto queste realizzazioni. Secondo l’associazione, esse (le enormi pale, perché esistono anche le piccole ma non sono un business) attirerebbero i turisti e valorizzerebbero territori altrimenti sconosciuti. Così nella loro pagina dedicata: “L’idea di una guida turistica ai parchi eolici italiani nasce dall’obiettivo di permettere a tutti di andare a vedere da vicino queste moderne macchine che producono energia dal vento e di approfittarne per conoscere dei territori bellissimi, fuori dai circuiti turistici più frequentati”. Trovo davvero singolare questa affermazione.

Ora, ce li vediamo i turisti, soprattutto stranieri, venire in Italia per andare a visitare crinali punteggiati da enormi pale eoliche e relative strade di accesso, spesso all’interno di aree boscate? Io no, non so voi.

Sarebbe interessante andare ad intervistare le comunità locali che si sono visti espropriare i terreni e devono convivere con un paesaggio radicalmente trasformato. Altra considerazione che viene da fare. L’art. 9 della nostra Costituzione tutela il paesaggio: siamo sicuri che esso tragga vantaggio dalle pale? Ma diciamo che qualcosa di più si può capire se andiamo a vedere quali sono i soggetti che hanno sponsorizzato l’iniziativa di Legambiente: colossi del settore quali Agsm AIM, RWE, Winderg, oltre al patrocinio di ANEV. Ovviamente l’operazione editoriale non solo tralascia le lotte delle comunità locali che si oppongono ai “parchi”, tralascia l’avifauna che incontra le pale sulla sua rotta, ma altresì tralascia il consumo di suolo che l’eolico e ancor più il solare a terra comportano: pare tutto bello.

Legambiente fa parte di quella che è stata identificata come “ecologia superficiale”, cioè quella branca dell’ambientalismo che vorrebbe salvaguardare il nostro tenore di vita semplicemente cambiando l’approvigionamento energetico, di cui mi occupai già in passato. Ora, l’ecologia superficiale è in crisi e i giovani sempre più preferiscono lottare al di fuori dalle grandi etichette (appunto Legambiente, WWF, Italia Nostra, Federnatura) e su problematiche concrete, anche solo riunendosi in comitati. Viene da pensare che da questa crisi l’ecologia superficiale non possa uscire puntando sul nuovo business del capitalismo (BlackRock insegna).

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