Il mondo FQ

Il riarmo rivitalizza il nucleare in Ue: Berlino riapre le centrali, Madrid ne allunga la vita, altri tornano a costruirle

Mentre in Italia la maggioranza litiga sul ruolo dei privati, la Germania pensa di tornare all'antico. E in Svezia e Francia si punta forte sull'atomo
Commenti

Soffia il vento dell’energia nucleare in Europa. Non si tratta solo dei minireattori su cui punta l’Italia e non soffia solo nella Penisola o in Francia, che da sola produce più della metà di tutta l’energia dell’atomo made in Unione europea. Ed è alimentato dai venti di guerra e del riarmo. Mentre il ministro Matteo Salvini boccia l’ipotesi di un investimento pubblico di 200 milioni di euro nella New Cleo, la start up attiva nella progettazione di reattori nucleari di terza generazione avanzata e quarta generazione, tanto che i ministri dell’Ambiente e delle Imprese, Giberto Pichetto Fratin e Adolfo Urso hanno dovuto spiegare che “non è stato ancora deciso nulla”, il commissario europeo per l’Energia, Dan Jorgensens, ribadisce il ruolo dei mini reattori modulari per il futuro dell’Europa. E, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, sottolinea: “Spetta ai singoli Stati membri decidere” se produrre o meno energia da atomo. Non c’è bisogno di alcuna forzatura da parte della Commissione Ue, che la sua parte l’ha fatta già nel 2023, includendo il nucleare nella Tassonomia verde e, quindi, tra le fonti energetiche sostenibili (e finanziabili). Nel frattempo, però, la Commissione europea ha già organizzato un incontro con diversi stakeholder dell’industria nucleare europea, previsto per il 7 aprile e che sarà presieduto proprio da Jorgensen. Il resto lo faranno le nazioni che, di fatto, si stanno muovendo. Per l’Italia, lo stesso Salvini ha spiegato che non c’è alcun passo indietro rispetto al nucleare, ma la sua è una chiara presa di posizione sulla strategia: “C’è un trust pubblico (Ansaldo, Eni, Enel e Leonardo, ndr) non capisco perché mettere centinaia di milioni di euro in aziende private”.

Berlino di nuovo al bivio – Prima della graduale chiusura, iniziata nel 2011, la Germania poteva contare su 13 reattori (4 già dismessi) in otto centrali. La chiusura delle ultime tre centrali nucleari attive, Isar 2, Neckarwestheim e Emsland, è stata completata il 15 aprile 2023. Una data storica, ma non si può negare che in molti, a quelle latitudini, sono convinti che sia stato un errore. In primis il leader di Cdu, Friedrich Merz e del Csu Markus Söder. Secondo quanto riportato dal quotidiano Handelsbatt, in un documento di lavoro del gruppo parlamentare dell’Unione cristiano-democratica si chiede un’indagine per verificare se la riattivazione delle centrali sia fattibile sia tecnicamente, sia economicamente. Il documento non rappresenta, almeno per ora, la linea ufficiale del gruppo. Ma se Cdu e Csu sono sulla stessa lunghezza d’onda e valutano la possibile riapertura di sei centrali, nonostante il Paese abbia gli stessi problemi dell’Italia rispetto al deposito nazionale per le scorie radioattive, diversa è la posizione sul nucleare dei socialisti (Spd). Ma non è tutto. Di recente, infatti, la start up Focused Energy ha firmato un accordo con il colosso energetico tedesco Rwe per la costruzione di un impianto pilota per la fusione che, secondo i piani, dovrebbe essere costruita entro il 2035 nell’ex sito della centrale nucleare di Biblis, in Assia, chiuso nel 2011 e dove la compagnia sta ancora conducendo le operazioni di smantellamento iniziate nel 2017.

In Spagna le compagnie vogliono allungare la vita alle centrali – In Spagna, invece, le compagnie elettriche fanno sempre più pressioni al governo per tenere in vita le centrali nucleari e rivedere il calendario di chiusure negoziato nel 2019, che prevede la chiusura progressiva dei reattori dal 2027 al 2035. Lo hanno chiesto le multinazionali Endesa e Iberdrola, che sono i principali operatori nucleari. E lo ha chiesto anche Naturgy, il cui presidente esecutivo, Francisco Reynés, ha proposto che alla centrale di Almaraz, in Estremadura, si concedano almeno “due o tre anni”, secondo “un programma ragionevole” che consenta di raggiungere gli obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato di Energia e Clima. L’accordo siglato da Endesa, Iberdrola, Naturgy ed Edp, invece, stabilisce una clausola progressiva per lo stop dei reattori, che dovrebbe cominciare nel 2027 con la chiusura di un primo reattore della centrale di Almaraz e culminare con quella della centrale di Trillo, in Castiglia-La Mancia, nel 2035. Naturgy ha una partecipazione dell’11,2% nella centrale di Almaraz, mentre Iberdrola è il maggiore azionista con il 52,6% ed Endesa, la partecipata Enel, controlla il 36%. La risposta dell’esecutivo progressista guidato da Pedro Sanchez? Secondo il consigliere delegato di Endesa, José Bogas, il governo “è aperto a parlarne e discutere”.

In Belgio si salvano due reattori, in Svezia se ne costruiscono quattro – Anche in Belgio, il governo ha deciso di prolungare la vita di Doel 4 e Tihange 3. In realtà, la legge belga sulla dismissione nucleare nel 2003 aveva stabilito che entro il 2025 dovessero essere chiusi tutti e sette i reattori nucleari attivi nel Paese. A marzo 2022 il dietrofront del governo, con l’obiettivo di mantenere aperti di altri dieci anni i due più moderni. Nel 2024, la Commissione Ue ha poi avviato un’indagine sulla misura, esprimendo dei dubbi sull’accordo preso dal governo. Dopo alcuni correttivi e le verifiche, è arrivata l’approvazione della Commissione in base alle norme comunitarie sugli aiuti di Stato. Beneficiari sono Electrabel, sussidiaria di Engie, Luminus, sussidiaria di Edf e la joint venture Be-Nuc (50% ciascuno tra Stato ed Electrabel). A seguito della misura, entrambi i reattori saranno di proprietà congiunta di BE-NUC con una quota dell’89,8% e di Luminus con una quota del 10,2%. Novità anche dalla Svezia, dove sono stati avviati nei mesi scorsi i lavori per costruire, a Forsmark, il secondo deposito di scorie radioattive al mondo, dopo quello della Finlandia. Il governo, inoltre, è prossimo alla presentazione di un piano finanziario per la creazione di altre quattro centrali nucleari, oltre alle tre già esistenti.

In Francia, con 12 anni di ritardo, parte Flamanville 3. Anzi, no – In Normandia è stato avviato a dicembre, dopo più e più rinvii l’Epr (European Pressurized Reactor) di Flamanville (European Pressurized Reactor). Si tratta del primo, nella Francia che conta più di 50 reattori, con tecnologia ad acqua pressurizzata. Quindi di terza generazione. Nella stessa centrale, infatti, gli altri due reattori esistenti hanno una tecnologia Pwr, di seconda generazione. Il collegamento alla rete era previsto per il 2012, ma i lavori sono partiti solo nel 2007. Doveva costare 3,3 miliardi di euro, è arrivato a circa 13,2 miliardi, anche se alcune stime parlano di cifre anche superiori. Ma non è finita. Il colosso elettrico transalpino Edf ha annunciato il primo collegamento a dicembre 2021 e così è stato, ma durante i primi 100 giorni di funzionamento, il reattore nucleare sarà stato sottoposto a 76 giorni di manutenzione. Interventi iniziati il 15 febbraio.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione