È ufficiale: gas e nucleare sono inclusi nella Tassonomia Verde, la classificazione delle attività che, a certe condizioni, possono essere considerate ‘green’ e, quindi, finanziabili. Uno zoccolo duro di Paesi si è opposto, tanto da rendere necessario il voto, che non è la regola in questi casi. Ma dopo una serie di riunioni delle ultime ore, quel fronte si è diviso tra voti contrari (tre) e astenuti. Così, “un’ampia maggioranza” all’interno della Commissione europea ha adottato il secondo atto delegato, che stabilisce i dettagli del sistema di classificazione. Come anticipato, con poche modifiche che non cambiano la sostanza. Rispetto alla bozza del 31 dicembre scorso, le novità riguardano la rimozione (richiesta dalla Germania) dei target intermedi per la sostituzione graduale del gas fossile con gas rinnovabili o a basse emissioni di carbonio e la parte sulla trasparenza per gli investitori, affinché vengano informati se i prodotti finanziari siano in qualche modo legati a gas e nucleare. Un’esigenza sottolineata dalla Piattaforma per la finanza sostenibile.

La spaccatura in Commissione Ue – Di fatto dietro quella “ampia maggioranza” c’è una spaccatura in seno all’esecutivo Ue. Basti pensare che il laburista olandese Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione con delega al Green Deal, non ha partecipato alla conferenza di presentazione dell’atto. Lo hanno fatto il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis e la commissaria per i Servizi finanziari Mairead Mc Guinness, entrambi del Ppe. D’altronde Timmermans è stato tra i maggiori oppositori dell’inclusione del nucleare nella Tassonomia, insieme ai commissari Johannes Hahn (Austria), Nicolas Schmit (Lussemburgo), Margrethe Vestager (Danimarca), Virginijus Sinkevičius (Lituania), Elisa Ferreira (Portogallo) e Josep Borell (Spagna). Alla fine qualcuno si è astenuto, mentre a votare contro l’atto delegato sono stati i commissari di Austria, Portogallo e Spagna. “Includere gas e nucleare è un errore storico, che mina alle fondamenta la credibilità del Green Deal. È responsabilità ed è l’eredità di Ursula Von der Leyen, mi dispiace doverlo dire”, ha commentato il vicepresidente della commissione Ambiente Bas Eickhout (Verdi/Ale, Olanda), mentre Steffen Hebestreit, il portavoce del cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha spiegato che la posizione del governo tedesco “che è contrario a classificare l’energia nucleare eco-sostenibile, non è cambiata”.

La commissaria Mairead Mc Guinness: “Strumento imperfetto” – “L’atto delegato su gas e nucleare nella tassonomia verde Ue può essere imperfetto, ma è una vera soluzione che ci spinge ulteriormente verso il nostro obiettivo finale di neutralità del carbonio”, ha spiegato Mairead Mc Guinness, assicurando che “il Collegio dei Commissari lo ha approvato esprimendo un sostegno schiacciante” e sottolineando che “la tassonomia è a se stante, è uno strumento che i mercati finanziari possono utilizzare o meno a loro piacimento”. E ancora: “Gli Stati membri sono pienamente responsabili della decisione del proprio mix energetico e la tassonomia non impone investimenti in determinati settori”. Tra le righe del testo le ragioni che hanno portato la maggior parte dei Paesi europei ad acconsentire all’adozione, altri a rassegnarsi. Alcuni spinti dagli interessi per il nucleare (vedi la Francia), ma molti guidati più che altro da quelli sul gas. Bloccare l’energia atomica, in questo contesto, avrebbe significato bloccare anche i progetti sul gas. Lo ha capito bene e fin da subito il presidente francese Emmanuel Macron, che ha insistito per legare (e rinviare) le due decisioni a questo secondo atto delegato.

Gli impianti di gas – Nel primo atto delegato sulla Tassonomia (approvato a dicembre scorso) si stabiliva, infatti, un limite alle emissioni di CO2 per le attività energetiche di 100 grammi CO2e/kWh (considerando le emissioni dirette e indirette), sospendendo la decisione su gas e nucleare. Nella bozza del 31 dicembre del secondo atto, la Commissione ha messo nero su bianco che i nuovi progetti per impianti a gas dovranno essere approvati entro il 31 dicembre 2030, ma ha anche previsto diverse ‘alternative’ rispetto al limite dei 100 grammi CO2e/kWh. Una soglia difficile da rispettare, senza l’utilizzo delle tecnologie di cattura e stoccaggio di CO2. Così già nella bozza si prevedeva (ed è confermato) che verranno considerate ‘green’ anche le centrali a gas con un limite di emissioni di 270 grammi di CO2 equivalente per kWh, ma calcolando solo quelle dirette ed escludendo, invece, quelle che si producono durante tutto il ciclo di vita e le perdite. ‘Passano’ anche gli impianti che emettono sotto i 550 chilogrammi di CO2 equivalenti per kW di potenza installata, in media, nei prossimi 20 anni. In pratica, anche impianti inquinanti potranno funzionare, a patto che vengano utilizzati meno. La Commissione, a riguardo, ha respinto la richiesta dell’Italia di portare la soglia di emissione di Co2/kWh a 340 grammi, oppure consentire di mantenere una media annuale di 750 chilogrammi di Co2/kWh calcolata su vent’anni. Un primo cambiamento riguarda la possibilità, già prevista, che un nuovo impianto riceva il ‘bollino verde’ nel caso rimpiazzi uno più inquinante, abbattendo del 55% il tasso emissivo per kWh di output. Nel documento finale si mantiene quel 55%, calcolandolo però sull’intera durata di vita della centrale.

Cosa cambia rispetto alla bozza di San Silvestro – Ma c’era (e c’è) anche un’altra alternativa consentita nella bozza del 31 dicembre: quella della sostituzione graduale del gas fossile, come carburante della centrale, con un altro carburante a bassa intensità di carbonio, come biogas o idrogeno. La precedente bozza prevedeva step intermedi: le centrali avrebbero dovuto utilizzare almeno il 30% di gas rinnovabili o a basse emissioni di carbonio a partire dal primo gennaio 2026, per poi far salire tale quota almeno al 55% a partire dal primo gennaio 2030 e passare totalmente a gas rinnovabili o a basse emissioni entro il 31 dicembre 2035. Solo quest’ultimo obiettivo viene confermato nella versione finale del documento, nel quale sono scomparsi gli step intermedi. La Commissione ha messo mano anche agli obblighi di informativa (o disclosure) rafforzando il regime e introducendo modelli di informativa che le aziende potranno utilizzare per mostrare la compatibilità delle loro attività con la tassonomia. Sono stati, poi, introdotti, requisiti di verifica da parte di revisori indipendenti per garantire il controllo di quanto affermato dalle aziende per ottenere il ‘bollino verde’. La Commissione potrà comunque rivedere ogni tre anni le categorie transitorie delle attività sostenibili, come ha ribadito in conferenza stampa la commissaria Mairead Mc Guinness, anche rispondendo alle domande sul nucleare.

Il nodo nucleare – L’atto delegato dà il via libera a progetti realizzati entro il 2045 per cui si dimostri di avere un impianto di smaltimento delle scorie operativo entro il 2050 e a condizione che si rispettino i più alti standard di sicurezza, imposti dai trattati internazionali. Rigettata la richiesta di anticipare l’obbligo, fissato al 2025, di utilizzare combustibili resistenti al calore (uranio e plutonio) in caso di incidenti. Sulla questione delle scorie “vogliamo sottolineare – ha spiegato Mairead McGuinness – che vi è una clausola di revisione, perché questo è un documento vivente: ogni tre anni dovremo esaminare i criteri quando parliamo della migliore tecnologia disponibile che è probabile che si evolva nel tempo quando si tratta di rifiuti”.

Le reazioni degli europarlamentari – La parola passa ora a Parlamento e Consiglio Ue. “Al Parlamento europeo siamo pronti a dar battaglia e, se necessario, a sfiduciare la presidente della Commissione europea Ursula Von de Leyen”, annuncia l’eurodeputato dei Verdi, Ignazio Corrao, ricordando che fu proprio il Green Deal presentato nel 2019 che fece ottenere la fiducia alla commissione von der Leyen. “Classificare come investimenti sostenibili quelli nel settore del gas e del nucleare significa ridicolizzare il Green Deal con una vergognosa operazione di greenwashing – commenta l’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde – e mettere in serio pericolo la credibilità dell’Unione europea come mercato leader per la finanza sostenibile, inviando un segnale sbagliato e confuso agli investitori e consentendo nuovi investimenti in fonti fossili fino al 2030, con conseguenze devastanti sugli obiettivi degli Accordi di Parigi e nonostante IEA e IPCC ribadiscano la necessità di smettere di investire in fonti fossili”. Il Movimento 5 Stelle ha già annunciato che contrasterà nelle sedi competenti l’atto delegato “perché è un passo indietro nel percorso inesorabile dell’Europa verso la transizione sostenibile che si basa su energie rinnovabili e pulite e sul risparmio energetico degli edifici”, spiegano gli europarlamentari Fabio Massimo Castaldo e Laura Ferrara.

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