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Un anno alle Olimpiadi: e poi cosa rimarrà? Ormai vediamo il futuro come una discarica

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Oggi è il 6 febbraio. Data significativa nel conto alla rovescia dei Giochi Milano-Cortina 2026, perché, piaccia o no, tra un anno esatto si accenderà il braciere olimpico. Si è detto fino alla nausea di questo evento contestatissimo, giudicato inutile, costoso, ingombrante, problematico per l’ambiente. Ora la questione è in mano ai cantieri, i quali macinano lavoro a tutto regime per arrivare in tempo alla fatidica data: il 6 febbraio. E poi?

E poi cosa rimarrà di queste Olimpiadi? Il punto sta proprio lì: cosa rimarrà? In questa fase storica di transizione nella quale è sempre più importante sforzarsi di guardare al futuro per non farci trovare impreparati, dovremmo buttarci su progettualità il più possibile elastiche, adattabili alle esigenze che verranno e a probabili cambi di destinazione d’uso.

Non c’è niente di più lontano dal pensiero a lungo termine di quanto siano le Olimpiadi e i “grandi eventi”. Ovvero, quegli appuntamenti con la storia che hanno già in sé la scadenza prevista. Costruire per un solo utilizzo. Costruire nella logica dell’usa e getta. I “grandi eventi” richiedono infrastrutture sempre più specifiche e peculiari, rigide nel loro campo di utilizzo e dunque meno adattabili a nuovi contesti: piste di bob, trampolini per il salto, villaggi olimpici. L’esatta antitesi di quanto si dovrebbe fare.

Si dirà, alcune infrastrutture progettate in vista delle Olimpiadi – come strade, collegamenti, alberghi – saranno riutilizzate. Bene, ma anche qui si nasconde un vizio di fondo: se le opere a servizio delle Olimpiadi saranno riutilizzate, dunque risulteranno utili e magari addirittura necessarie, perché aver atteso di realizzarle in vista del “grande evento” e non sullo studio delle esigenze della comunità pensando a lungo termine?

La realtà è che realizzare grandi eventi significa considerare il futuro come una discarica. Nel futuro ci buttiamo gas climalteranti, tralicci di impianti a fune caduti in disuso, foreste ridotte allo stato selvatico, scorie nucleari, debito pubblico. Manca un anno, e poi molto di ciò che abbiamo costruito nei siti olimpici si sommerà a tutto il resto.

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