Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa nostra arrestato il 16 gennaio scorso dopo trent’anni di latitanza, è morto poco prima delle due del mattino di lunedì nel reparto detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, dove era ricoverato dall’8 agosto. Aveva 62 anni e soffriva di un tumore al colon al quarto stadio diagnosticato nel 2020: il 12 settembre gli erano state sospese le cure specifiche, mantenendo solo la terapia del dolore. Venerdì il capomafia era entrato in coma irreversibile e domenica i medici avevano sospeso anche l’alimentazione parenterale somministrata per endovena, sulla base delle indicazioni presenti nel suo testamento biologico. Sarà sepolto a Castelvetrano, il suo paese natale in provincia di Trapani: gli adempimenti burocratici per il trasferimento della salma dall’Abruzzo alla Sicilia sono già iniziati. Il cadavere si trova nell’obitorio sotterraneo dell’ospedale e sarà sottoposto ad autopsia su disposizione della Procura dell’Aquila, di concerto con quella di Palermo.

A causa del tumore, l’ex latitante era stato sottoposto dal 2020 a quattro operazioni chirurgiche e a diversi cicli di chemio: proprio la sua necessità di curarsi è stata decisiva per portare il Ros dei Carabinieri e la Procura di Palermo sulla pista che ha poi condotto all’arresto, avvenuto in una famosa clinica di Palermo. Il boss si presentava in pubblico con il falso nome di Andrea Bonafede. Dopo la cattura, in un primo momento Messina Denaro aveva proseguito le terapie in carcere, dov’era stata allestita per lui un’apposita cella con infermeria. Dopo l’ultimo intervento è stato trattenuto in ospedale, trattato con la terapia del dolore e poi sedato.

Prima di perdere conoscenza, il 62enne boss stragista ha potuto incontrare alcuni familiari e ha riconosciuto la figlia 26enne Lorenza Alagna, concepita e nata durante la latitanza, che ha chiesto e ottenuto di prendere il suo cognome. La donna è stata presente al capezzale insieme a una delle sorelle del boss, Giovanna (le altre due, Rosalia e Patrizia, sono in carcere) e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il suo avvocato. In uno dei pizzini ritrovati nel covo di Campobello di Mazara, dove aveva trascorso gli ultimi anni di latitanza, Messina Denaro ha messo per iscritto di non volere un funerale religioso, attaccando la Chiesa “fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato”.

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Matteo Messina Denaro e le sue ultime volontà: “Nessun funerale in Chiesa, è corrotta”

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