Nella casa di Castelvetrano, Lorenza Santangelo, madre di Matteo Messina Denaro, attende le ultime notizie del figlio, in come irreversibile da venerdì sera. Mentre emergono da alcuni pizzini sue possibili volontà sui funerali: “Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato”, aveva scritto in uno dei fogli ritrovati dai Ros – e rivelato oggi da Repubblica – nel covo di Campobello di Mazara dove aveva trascorso gli ultimi anni di latitanza. Intanto si attende in rigoroso silenzio la fine del boss che dallo scorso 8 agosto è ricoverato all’ospedale dell’Aquila. Le sue condizioni si sono definitivamente aggravate da 48 ore, da quando cioè è entrato in coma irreversibile. Sono dunque gli ultimi istanti di una vita vissuta dal capo dei capi per 30 anni in latitanza, praticamente la metà della sua vita.

“Voi mi avete preso per la malattia, senza la malattia non mi prendevate”, così ha parlato il boss di Castelvetrano nel primo interrogatorio reso di fronte al capo della procura di Palermo, Maurizio De Lucia, e all’aggiunto, Paolo Guido, che hanno coordinato le indagini. Nel novembre del 2020 Messina Denaro scoprì, infatti, di avere un tumore all’intestino-retto, da lì iniziò la sua “emersione” dalla latitanza perché il cancro lo costrinse a rivolgersi al sistema sanitario nazionale. Lo fece con un’identità falsa, presa in prestito da Andrea Bonafede (adesso in carcere). Così fu operato d’urgenza una prima volta nell’ospedale di Mazara del Vallo. A questo intervento seguirono accertamenti fatti tra Castelvetrano, Trapani e infine Palermo, nella clinica La Maddalena, dove venne operato una seconda volta nel maggio 2021, per rimuovere le metastasi al fegato.

Da allora le cure post-operatorie proseguirono, sempre sotto le mentite spoglie di Andrea Bonafede a La Maddalena. Da allora, quindi, non solo fu inserito nel sistema sanitario pubblico ma fu anche costretto ad avere un cellulare richiesto dalla clinica per la reperibilità. Fu poi, nel maggio del 2022 che gli investigatori, grazie alle intercettazioni, capirono che il boss poteva essere affetto da una grave malattia. Nel dicembre dello stesso anno, i Ros trovarono nel tubolare di una sedia della cucina di casa della sorella Rosalia Denaro un pizzino dove era elencato tutto il percorso medico del fratello. Quasi una cartella clinica che ha permesso agli inquirenti di stringere il cerchio fino alla mattina del 16 gennaio, quando il latitante si è recato a Palermo per una seduta di chemio.

Matteo Messina Denaro fu arrestato poco fuori dalla clinica palermitana. Nei giorni successivi fu scovato il covo, l’abitazione in cui aveva vissuto negli ultimi mesi a Campobello di Mazara. Lì furono trovati numerosi pizzini che hanno fatto luce su alcuni aspetti della latitanza del boss. Tra questi adesso spicca uno scritto nel 2013, dove U Siccu parlava di un ipotetico funerale: “Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime non saranno questi a rifiutare le mie esequie”. Così annotava su un foglio, prima di scoprire la malattia e di possedere un cellulare, svelando le sue posizioni luterane sulla fede: “Il rapporto con Dio è personale, non vuole intermediari e soprattutto non vuole alcun esecutore terreno. Gli anatemi sono espressioni umane non certo di chi è solo spirito e perdono. Dio sarà la mia giustizia, il mio perdono, la mia spiritualità”.

Così scriveva Messina Denaro, anni prima di dire ai magistrati palermitani di aver sentito parlare di Cosa Nostra solo “dai giornali”, da subito d’altronde aveva chiarito che non avrebbe mai collaborato e così è stato. In carcere da gennaio e dagli inizi di agosto in ospedale, il boss ha adesso al suo capezzale, la sorella Giovanna, la nipote e legale Lorenza Guttadauro e la figlia Lorenza – nata nel 1996, durante la latitanza – che proprio in questi ultimi mesi della vita del padre ha voluto prendere il suo cognome. Un riavvicinamento della figlia dopo che per anni era stato detto che la ragazza si era allontanata dalla casa delle zie, sorelle del boss, per prendere le distanze dal capo mafia.

Si trattava, invece, a quanto si apprende, di una mera divergenza tra la madre di Lorenza e le cognate, diverbi che hanno portato le due donne a trasferirsi in un’altra casa, sempre a Castelvetrano. Da giorni Lorenza è al suo capezzale, assieme alla zia e alla cugina, quest’ultima è l’unica che in quanto legale può vederlo, perché il boss resta ristretto in regime di 41 bis, pur trovandosi in ospedale. Intanto l’attesa per i parenti anche a Castelvetrano continua, le condizioni dell’ex latitante sono ancora stabili ma si attende l’aggravamento in qualsiasi momento.

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