Matteo Messina Denaro “non può più stare in carcere”. A dirlo è il suo avvocato, Alessandro Cerella, che, denunciando il peggioramento delle condizioni di salute del boss di Cosa Nostra affetto da una patologia oncologica da tempo, ne ha chiesto il ricovero urgente in ospedale. Il detenuto è ora ricoverato nell’ospedale San Salvatore dell’Aquila nel reparto di chirurgia con imponenti misure di sicurezza dove è stato operato questo pomeriggio per motivi “non strettamente legati al cancro”. “Ormai non mangia più, ha difficoltà anche a bere, ha bisogno di una flebo per essere alimentato” aveva dichiarato il legale, sostenendo che il suo assistito sta subendo “un vero e proprio bullismo di Stato“. Messina Denaro, arrestato a Palermo il 16 gennaio scorso proprio per andava in una clinica per sottoporsi a una terapia, al momento è detenuto al 41 bis nel supercarcere dell’Aquila dove gli sono garantite, tramite l’ospedale, i trattamenti necessari. All’interno del penitenziario è stata allestita per lui una stanza per la chemioterapia. Già nei giorni successivi alla data in cui è stato arrestato l’ultimo degli stragisti di Cosa Nostra, era filtrata una notizia che parlava di un’aspettativa di vita di sei mesi per il padrino di Castelvetrano.

“La sua situazione non è più gestibile dalla struttura nella quale è rinchiuso in regime di 41 bis – avevav continuato Cerella -. La nostra richiesta è che esca e vada in un ospedale, non mi importa se si trova a Napoli, Milano, Bergamo, Brescia, ma deve essere ricoverato al più presto. Ha bisogno di un infermiere 24 ore su 24. Lo stanno lasciando morire, vedono che è un continuo via vai di macchina per l’ospedale. Qualche giorno fa ha subito un piccolo intervento di urologia alla prostata, domenica una tac, adesso si attende l’esito. Quando mi reco da lui, lo vedo debilitato. Se lo lasciano così muore, è questione di giorni, è un cancro al quarto stadio. Ha smesso di mangiare, beve solo integratori e acqua”, prosegue Cerella. Secondo l’avvocato, lo Stato sta penalizzando il detenuto a causa del “nome che porta”, quando invece dovrebbero essergli garantiti i diritti costituzionali. “Nei confronti di Messina Denaro c’è un accanimento: con un tumore al quarto stadio non può stare in una cella senza un infermiere a bere succhi di frutta, invece di avere delle flebo. Ha difficoltà persino a stare in piedi, ha bisogno di tutte le cure che spettano a un malato”, ha concluso Cerella.

Il 26 gennaio il boss aveva chiesto ai medici di essere trattato con le cure migliori: “Sono informato, vi prego di poter essere trattato con farmaci e terapie migliori”. L’ultimo controllo dell’ex latitante risale al 27 luglio e le visite mediche si susseguono ormai a cadenza quasi settimanale, sia in carcere che nella struttura sanitaria realizzata per ospitare il 35esimo vertice del G8 nel 2009. Il 21 luglio scorso il boss è stato di nuovo al San Salvatore per accertamenti dopo l’intervento chirurgico per problemi urologici a cui è stato sottoposto il 27 giugno. Nel comparto del G8 in quell’occasione è stato solo 24 ore. Per il boss 62enne l’operazione di fine giugno si è aggiunta alle precarie condizioni di salute dovute al tumore al colon, in forma grave ed aggressiva. Attigua alla stanza dove Messina Denaro è detenuto, in isolamento dal 17 gennaio di quest’anno, è stata allestita una cameretta tutta sua per essere sottoposto alle sedute di chemioterapia e che aveva sollevato polemiche da parte di un altro malato di tumore che però non poteva contare sullo stesso servizio sanitario. Fonti interne al carcere all’Adnkronos sottolineano “la situazione, seppur grave, non ha richiesto al momento alcun trasferimento né cambio di cure”. Il boss, dunque, “non sarebbe in pericolo imminente di vita“, almeno secondo quanto emerso dall’ultima tac effettuata in ospedale domenica scorsa.

Sono state proprio le condizioni di salute e la necessità di cura a portare, secondo gli inquirenti di Palermo, all’arresto. I carabinieri del Ros avevano trovato in casa di Rosalia Messina Denaro, sorella del boss, un pizzino in cui la donna aveva annotato date e patologie. Sembra quasi una cartella clinica scritta a mano. È il 6 dicembre il pizzino che permetterà ai militari di svolgere le indagini finali che metteranno fine a trent’anni di latitanza del boss delle stragi poco dopo un mese. Negli anni precedenti, infatti, erano state tante le segnalazioni che avevano fatto pensare che Messina Denaro soffrisse di una patologia. Ai reni, secondo una prima ipotesi. Più di due anni prima del blitz alla clinica La Maddalena, gli inquirenti avevano tentato un altro blitz in un’altra struttura sanitaria: al Neurolesi di Messina il 28 novembre del 2019. Quel giorno è un ufficiale del Ros a celare la sua identità: veste un camice bianco, uno stetoscopio al collo e una microcamera nascosta. Si finge medico per poter riprendere e verificare l’identità di un paziente di Castelvetrano arrivato per alcune cure nel centro messinese, ma non era il boss.

Nel luglio del 2020, Messina Denaro acquisirà l’identità di Andrea Bonafede per potere accedere alle cure. Il 3 novembre del 2020 si sottopone a una colonscopia a Castelvetrano e scopre di avere un tumore: a quel punto passeranno solo 6 giorni per il ricovero e dieci per l’intervento. Il 4 maggio del 2021 l’intervento al fegato per le metastasi a la Maddalena di Palermo. Il 6 luglio il tumore però è tornato in 3 punti – scrive la sorella del boss – fa 3 cicli di chemio, il tumore si riduce. Nel gennaio del 2022 altra tac, se il tumore risulta ridotto saranno ridotti anche i livelli della chemio. Ma dopo il 18 maggio è chiaro che il tumore è troppo aggressivo. Gli investigatori si consultano con medici specialisti, per sicurezza li cercano lontano dalla Sicilia. Sono loro a rivelare che esiste una banca dati, precisamente lo Sdo, acronimo di “Scheda di dimissioni ospedaliera”: lì sono annotati gli ingressi e le uscite di tutti i pazienti italiani. A quel punto accedono al sistema e scommettono sulla banca dati dei ricoveri in Sicilia. Inseriscono le informazioni del pizzino “clinico” di Rosalia. Se avessero inserito soltanto una data sarebbe stato lo stesso come cercare un ago in un pagliaio. Le date però sono tante, dal primo intervento del novembre 2020 al secondo nel maggio 2021 fino alla data dell’ultima tac.

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