Gli scontri di Palermo, dove il 23 maggio le forze dell’Ordine hanno bloccato il corteo degli studenti per non farli arrivare all’Albero Falcone, è un “episodio gravissimo che si inquadra in un clima più generale di vera e propria restaurazione e normalizzazione che, anche in riferimento alla questione mafiosa, si respira in Sicilia e nell’intero Paese”. Parola di Nino Di Matteo, sostituto procuratore della Direzione nazionale Antimafia. Commentando i fatti avvenuti a Palermo durante le celebrazioni dell’anniversario della strage di Capaci, il magistrato ha ricordato che la manifestazione “alternativa”, promossa da sindacati e studenti, era stata bloccata per evitare che interferisse con la cerimonia ufficiale, quella alla quale partecipavano i politici, che era in corso sotto la casa che fu abitata da Falcone e Francesca Morvillo. “Quello che è accaduto a Palermo l’altro giorno è di una gravità inaudita: con i divieti, gli sbarramenti e le manganellate sono stati mortificati la passione civile, il sogno di verità e giustizia dei tanti giovani, dei tanti studenti, dei tanti semplici cittadini che volevano soltanto onorare le memoria di Falcone”, ha detto Di Matteo, in videocollegamento con il Teatro Regina Margherita di Caltanissetta, per iniziativa dell’Ufficio scolastico regionale Sicilia, nel corso di incontro con le scuole per celebrare la Giornata della legalità.

“Sono certo che quei giovani che sono stati mortificati, feriti, disillusi nella loro sete di verità e giustizia supereranno la delusione e il disorientamento e non cederanno alla tentazione della rassegnazione e del disimpegno. È quello che potete fare voi giovani per gettare le basi per un futuro in cui ci potremo liberare dalla mafia e dalla mentalità mafiosa, dalla mentalità della prepotenza e dell’arroganza”, ha aggiunto il magistrato. Quello che è avvenuto a Palermo, secondo Di Matteo, “ha mortificato i sogni di quei giovani e per questo è di inaudità gravità. Non si può alla passione civile contrapporre uno Stato che regisca con gli sbarramenti e le manganellate. Noi dobbiamo sempre sperare come istituzioni che a chi voglia manifestare in maniera non violenta, come sicuramente manifestavano quei giovani, sia sempre garantito il diritto di farlo, al di là delle commemorazioni ufficiali e istituzionali”. La lotta alla mafia, ha continuato il magistrato, “deve essere svolta in parte dal popolo, dai cittadini e non si può considerare una prerogativa esclusiva delle istituzioni”.

Per questo motivo il pm della procura nazionale Antimafia ha lanciato una sorta di messaggio agli studenti: “Non possiamo chiedere loro di collaborare alle indagini, ma possiamo e dobbiamo chiedere – anzi da loro deve nascere questa esigenza – la rivoluzione contro la mentalità mafiosa. Il mafioso anche quando vi sembra rispettabile – ha aggiunto rivolgendosi agli studenti – anche quando vi rivolgete a uno di loro, a esempio per recuperare la motocicletta che vi hanno rubato, il favore ve lo fa, ma passeranno sei mesi, un anno, 10 anni… e vi chiederà in cambio qualcosa di molto più grande e più lesivo della vostra libertà e dignità. La mentalità mafiosa va sconfitta giorno per giorno a partire dalle scuole. E voi vi dovete appassionare, dovete leggere, approfondire, dovete manifestare quando qualche cosa non vi è gradita, quando ritenete soprattutto che venga calpestato un vostro diritto”.

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