“Le scuole italiane stanno scomparendo come i ghiacciai”. A lanciare l’allarme è Tuttoscuola, la rivista specializzata sul mondo dell’istruzione che domenica 28 maggio ha anticipato i dati di uno studio che verrà pubblicato sul loro sito lunedì 29. Secondo lo studio nel nostro Paese sono state abbassate le tapparelle delle aule di oltre 2.600 istituti, solo nel segmento delle scuole dell’infanzia e della primaria (alunni tra 3 e 11 anni) ed entro il 2028 si può stimare che ne chiuderanno almeno altre 1.200, tra statali e paritarie.

Si chiude per mancanza di alunni, per la denatalità, soprattutto al Sud e nelle aree interne. Tuttoscuola parla di “cimitero degli istituti estinti”. I dati sono sconfortanti: delle 2.600 scuole chiuse tra l’anno scolastico 2014-15 e il corrente 2022-23, due su tre (oltre 1.700) si trovavano nel Meridione. Il 15% delle scuole chiuse erano nel nord-ovest (-382), il 10% nel nord-est (-245) e l’11% al centro (-289 scuole). Oltre la metà (55%) dei plessi che hanno chiuso erano paritarie, in larga parte scuole dell’infanzia private.

Ma se i privati devono fare i conti anche con la crisi economica che rende più difficile pagare le rette e fa dirottare le iscrizioni verso la scuola statale, anche quest’ultima soffre: negli ultimi dieci anni lo Stato ha chiuso ben 1.176 scuole (450 dell’infanzia e 726 primarie), in tutte le Regioni (ma quasi il 70% al Sud e nelle Isole).

Secondo quanto emerge dall’analisi di Tuttoscuola, l’estinzione in questi anni è avvenuta soprattutto nel segmento dell’infanzia, che rappresentano i due terzi delle 2.600 aule chiuse, mentre abbiamo 865 scuole primarie. Questo dato lascia intendere che nei prossimi anni l’onda lunga colpirà anche molte medie e superiori.

“Un Paese – dice Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola – che deve chiudere le proprie scuole, non una qui e lì, ma migliaia in maniera sistematica nell’arco di un decennio, quale futuro ha? La chiusura di una scuola è una misura estrema, e assume anche un significato simbolico. Non si tratta solo di meno alunni nelle aule, o di ridurre il numero di classi. Sbarrare per sempre il portone di una scuola, con le aule colorate, la palestra e le altre strutture, nelle quali non entreranno più alunni schiamazzanti né insegnanti, né bidelli, è molto di più: significa spegnere una comunità”.

Del resto secondo le stime dello stesso ministro Valditara fra dieci anni dai 7,4 milioni di studenti del 2021, si scenderà a poco più di sei milioni, al ritmo di 110-120.000 ragazzi in meno ogni anno.

“Vuol dire – spiega Vinciguerra – che la crisi demografica sta mordendo la carne viva della scuola e della società, ne sta minando l’impianto organizzativo. Con minore possibilità di scelta e minore prossimità di servizi per le famiglie, peraltro sempre meno numerose. Ecco perché il dato di circa quattromila scuole chiuse sul territorio nazionale tra il 2015 e il 2030, già in larga parte consuntivato, si può considerare drammatico”.

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